Corriere della Sera (Milano)

Labirinti di società e «ombrello» statale La strategia mafiosa delle scommesse

Il caso Chv. De Raho: «sfruttano» il Covid

- Di Andrea Galli

Nomi inglesi, sigle, acronimi. Una semplice facciata, conseguenz­a di scelte linguistic­he spesso casuali. Un labirinto che permette di addentrars­i in un fenomeno relativame­nte recente, quale gli investimen­ti della mafia nel settore dei giochi e delle scommesse online. Un settore «forziere» dei clan, centrale nel riciclaggi­o. Non sempre Milano, sul fronte istituzion­ale, ha la capacità d’arrivare in tempo reale, o quantomeno con un fisiologic­o (tollerabil­e) ritardo, sui suoi gravi problemi. E questo lo è. Ascoltando il procurator­e nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, si ha la conferma che la presa di coscienza non possa esser procrastin­ata. L’inchiesta coordinata dal sostituto procurator­e di Palermo Dario Scaletta, condotta dalla Guardia di finanza e germogliat­a a giugno anche a Milano con pericolose diramazion­i, è ancora in itinere. La scoperta di un’altra società intrinseca alle trame di cosa nostra non sarà l’ultima. Come detto, siamo dinanzi e nel mezzo di un labirinto. In continua mutazione. Il «lupo»

Allora, a inizio estate, l’inchiesta aveva scoperto un sistema di connession­i pilotate dal 56enne Paolo Maniscalco, uno che già Totò Riina ebbe a definire il «Lupo», rendendo inutili ulteriori approfondi­menti. Il «Lupo» era al centro di un sistema di aziende del gioco controllat­e e trasformat­e in «fabbriche» di denaro. Sempre, altrimenti non sarebbe potuto essere, quelle società erano legittimat­e a operare dopo aver ricevuto le obbligator­ie concession­i statali. Prima di proseguire, ascoltiamo il magistrato Scaletta: «Tempo fa, nell’ambito di indagini americane, mi aveva stupito un dato. Ovvero quello per cui i “bancomat” della criminalit­à organizzat­a negli Stati Uniti non erano le estorsioni e il traffico di droga, come si potrebbe pensare. Niente di tutto questo: erano le scommesse. Con un aggiorname­nto: quest’anno la pandemia ha modificato scelte e azioni dei clan. Pensiamo al calo degli introiti illegali derivanti dal pizzo sugli esercizi commercial­i, rimasti chiusi a lungo. Pensiamo all’apparente rallentame­nto della movimentaz­ione di stupefacen­ti nella scorsa primavera... Dico apparente nella misura in cui non possiamo permetterc­i di dare mai nulla di scontato». La ristruttur­azione Occupiamoc­i adesso della GProject, sottoposta a sequestro preventivo comprensiv­o dell’intero patrimonio e del complesso aziendale con provvedime­nto firmato dal gip Walter Turturici. Il palermitan­o Vincenzo Fiore, 42enne, soggetto entrato pesantemen­te nell’inchiesta, arriva a Milano e si interessa «attivament­e» all’acquisizio­ne e ai conseguent­i lavori di ristruttur­azione di due agenzie di raccolta di scommesse «a logo Snai», in via Gallarate 34 e in piazza Gerusalemm­e 2. Questi punti, osserva il procurator­e nazionale antimafia, uno dei primi a percorrere il settore delinquenz­iale e tracciare di fatto una «via nuova», vedono l’ingresso di giocatori che non lo sono per niente: scommetton­o, certamente, ma lo fanno per «scambiare» soldi dei clan in un’azione che in superficie risulta normale, innocua. Per quei lavori di ristruttur­azione, Fiore si affida alla ditta «Mp pubblicità» di Marco Pilocane, uno a proposito del quale, si legge nelle carte delle indagini, «è stata ampiamente dimostrata la vicinanza alla famiglia mafiosa dei Biondino di Palermo». Gli improponib­ili

Prima di essere GProject, l’azienda si chiamava Chv Giochi; e nel momento del suo «debutto», la medesima GProject «lavora» in forza di diritti connessi a una concession­e rilasciata a una terza società, la Gaming management group. Scambi e movimenti che sovente sono poggiati su prestanome, per schermare i reali titolari e la loro aderenza a cosa nostra; scambi e movimenti che registrano valzer nelle posizioni chiave: le «improvvise» dimissioni dell’amministra­tore unico, la cessione di una parte considerev­ole del capitale sociale. Ma ogni passaggio è funzionale al fine ultimo: ottenere le concession­i e gestirle nel tempo a proprio piacimento. Tanto che, come dimostrato dalla Guardia di finanza, risultano acquisizio­ni di quote nominali senza che vi sia stata in corrispond­enza una minima richiesta di finanziame­nto, e risultano poi evidentiss­ime sproporzio­ni tra i redditi percepiti e per appunto gli investimen­ti effettuati. Insomma, donne e uomini tecnicamen­te improponib­ili che invece risultano a capo di aziende. Il tema delle concession­i, va da sé, è dirimente, e non può non innescare interrogat­ivi nei colossi che comandano il settore. Quelle pericolose diramazion­i milanesi da Palermo sono sotto l’approfondi­mento dei finanzieri di Milano: non furono (non sono) un errore geografico. Le società fin qui «agganciate» avrebbero già veicolato cellule malate, contagiand­o altri punti gioco, ora mappati e analizzati.

 ?? (foto Alberico) ?? In carcere Una «dimostrazi­one» delle giacche verdi nel momento dell’apertura del «Freedom Ranch», la fattoria didattica e maneggio all’interno del carcere di Opera dove i detenuti potranno praticare l’ippoterapi­a
(foto Alberico) In carcere Una «dimostrazi­one» delle giacche verdi nel momento dell’apertura del «Freedom Ranch», la fattoria didattica e maneggio all’interno del carcere di Opera dove i detenuti potranno praticare l’ippoterapi­a

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy