Identità digitali: effetto Spid «Sos anziani»
In città e provincia oltre 500 mila richieste alle Poste. L’intervento dei sindacati
Sono oltre mezzo milione gli Spid (Identità digitale) attivati da Poste Italiane in città e provincia dal marzo del 2016. Di questi quasi 1 su 2 sono stati richiesti durante la pandemia. Ma i sindacati dei pensionati avvertono: molti tra i più anziani hanno difficoltà nell’attivazione.
È una rivoluzione partita quattro anni fa, ma che il 2020 ha naturalmente spinto in avanti. Sono oltre mezzo milione (595.443) gli Spid, il sistema pubblico di identità digitale, attivati da Poste Italiane a Milano e provincia dal marzo 2016, data in cui i primi tre operatori italiani autorizzati hanno iniziato a rilasciare le identità digitali. Di queste, quasi una su due è stata richiesta quest’anno, quando la pandemia ha accelerato l’esigenza per i cittadini di averne una: 301.158 sono state attivate da gennaio a settembre.
Lo Spid è il sistema pubblico di autenticazione che garantisce l’accesso, con una sola password, ai servizi di Inps, Inail, amministrazioni pubbliche e ai servizi fiscali. Servirà per esempio in via esclusiva, dal primo ottobre, per accedere al portale dell’Inps e ai servizi online. Milano è la seconda provincia d’Italia per numero di attivazioni, preceduta da Roma. Sono dieci milioni gli italiani che finora hanno richiesto e ottenuto uno Spid: otto su dieci l’hanno fatto attraverso i canali messi a disposizione da Poste Italiane, uno dei dieci operatori (Identity Provider) che forniscono le identità digitali e gestiscono l’autenticazione degli utenti. «Poste Italiane sta dando una consistente mano al governo sullo Spid e di questa cosa siamo fieri — dice l’amministratore delegato Matteo Del Fante —: a settembre su 10 milioni di identità digitali rilasciate dai 10 operatori, 8 milioni sono state fatte da Poste, di cui l’87% nell’ufficio postale».
A Milano e provincia si è registrato un aumento del 50 per cento di richieste durante i mesi della pandemia. Soltanto a luglio, mese in cui attraverso lo Spid si poteva accedere ai bonus attivati dal governo per fronteggiare la crisi economica, le attivazioni sono state 73.506, il 25 per cento del totale 2020.
Ma la rivoluzione digitale non ha portato soltanto benefici. Anzi, a qualcuno ha complicato parecchio la vita. Soprattutto tra i più anziani, come denuncia il sindacato dei pensionati: «Da quando l’Inps ha dichiarato che i vecchi codici pin sarebbero stati sostituiti dallo Spid — spiega Sergio Perino, segretario dello Spi Cgil milanese — abbiamo a iniziato a ricevere molte più richieste di aiuto che non riguardano più soltanto il merito delle pratiche da gestire ma proprio la semplice possibilità di entrare in contatto con l’ente e di accedere ai propri documenti». In sostanza, chi non ha figli o nipoti ai quali appoggiarsi bussa alle porte del sindacato per recuperare il filo della propria situazione. Su questo lo stesso Spi ha avviato un dialogo sia con l’Inps, alla ricerca di qualche soluzione più maneggiabile dagli anziani meno attrezzati di fronte a un monitor e a una tastiera, sia con il Comune per diffondere l’educazione digitale tra la sempre più numerosa popolazione della terza età. «Non si tratta banalmente di insegnare ai nonni a navigare su Internet per passare le giornate, ma di una questione che mette in gioco, di fatto, anche l’esercizio dei propri diritti — aggiunge Perino — perché ci sono persone che non riescono più ad accedere al proprio prospetto pensionistico, cioè l’equivalente della busta paga». Non è un dettaglio, fanno notare i sindacalisti della Cgil, considerando che, nel decennio 2009-2018, soltanto gli uffici della Camera del lavoro di Milano hanno recuperato otto milioni e 600 mila euro frutto di «diritti inespressi» o errori di erogazione. «Si tratta di soldi, che ai pensionati servono — conclude Sergio Perino — ma per correggere gli errori è necessario come minimo poter leggere i propri documenti. E al momento ci sono molti anziani che non riescono più a farlo».