Porta Venezia, trendy anche nella crisi
Tra i 40 quartieri più in voga al mondo. «Risposta vitale durante la pandemia»
Porta Venezia è l’unico quartiere italiano inserito tra i quaranta più «cool» del pianeta secondo la rivista britannica Time Out, con tanto di encomio ad alcuni locali e negozi che fanno la differenza. A livello internazionale, questa porzione di Milano viene collocata al trentacinquesimo posto della classifica annuale. «L’area, già icona dell’inclusività per il suo spirito comunitario — si legge —, durante l’allerta per la pandemia si è dimostrata ancora più vitale». E cita il Liberty e l’Art Nouveau, i ristoranti multietnici, gli spazi Lgbt+ friendly, il cinema Arcobaleno, il teatro Elfo Puccini, la bocciofila di via Morgagni i locali che resistono nel tempo.
Unico quartiere italiano inserito tra i quaranta più «cool» del pianeta secondo Time Out, con tanto di encomio ad alcuni locali e negozi che secondo la rivista britannica fanno la differenza.
Porta Venezia vive giorni di gloria, inserita al trentacinquesimo posto della classifica annuale ambitissima e nota a livello internazionale. «L’area, già icona dell’inclusività per il suo spirito comunitario, durante l’allerta per la pandemia da Coronavirus si è dimostrata ancora più vitale, vero e proprio emblema della capacità di reagire positivamente e tutti insieme alle difficoltà», è afferma la rivista.
Il Liberty e l’Art Nouveau, gli emigrati etiopi che chiacchierano davanti ai ristoranti multietnici, gli spazi Lgbt+ friendly, il cinema Arcobaleno come la metropolitana, ugualmente colorata. E ancora la bocciofila di via Morgagni e l’Elfo Puccini con i suoi spettacoli d’avanguardia. Ma soprattutto i locali che resistono nel tempo, «veramente cool”», scrive Time Out. L’orgoglio è dei titolari che vivono questa particolare medaglia in modo tutto loro. «Cool? A noi vanno meglio gli aggettivi familiare, spartana e ruspante, al limite materna...», commenta Patrizia che con il fratello Ivan gestisce il via vai alla trattoria Sabbioneda di via Tadino, nata come latteria dopo la guerra.
Il quartiere visto con gli occhi di chi ci abita e lavora è «luogo di passaggio e di riscossa, oltre che terra di studiosi, artisti e combattenti per la libertà», come testimoniano le numerose targhe disseminate ovunque. «Porta Venezia è prima di tutto viva, con le sue contraddizioni, gli eccessi e i problemi da risolvere ma anche la libertà di essere un quartiere del mondo, di mille popoli e di mille religioni, mille orientamenti sessuali e di mille culture», dice ancora Hilary Belle Walker, fondatrice di Bivio Milano in via Lambro, uno dei primi negozi nati per lo scambio di accessori e vestiti. «Qui la diversità, il dinamismo, la capacità di fare squadra sono valori, c’è una mentalità aperta che altrove non si trova», conferma Flavio Sears, socio della gelateria Out of the box che sfoggia, insieme al cioccolato «crudo», il nuovo plateatico esterno figlio della liberalizzazione decisa dal sindaco Beppe Sala per aiutare gli esercenti ad affrontare le difficoltà causate dalla pandemia.
«Il quartiere è un laboratorio a cielo aperto dove chiunque passa ha voglia di sperimentare — chiosa ancora Barbara Sighieri della Teiera eclettica, che offre alla clientela centinaia di varietà di infusi provenienti da tutto il mondo —. Tra le vie che sono cambiate di più c’è la nostra, via Melzo. Quando siamo arrivati c’erano Lelephant, una piccola tintoria, il fruttivendolo. Poi il tempo è passato, hanno allargato i marciapiedi, sono arrivate la panetteria Egalitè, lo Zoo comunale, la Pesa che adesso si ingrandisce ancora. È diventata la strada di riferimento per gli appassionati di enogastronomia».
Poco più in là c’è il bar Picchio: da più da 50 anni mantiene il suo stile sobrio e «lontano dalle mode», rimarca Felice Scoccimarro, figlio del fondatore Paolo. Il bar famoso per gli spritz a tre euro, l’atmosfera vintage e le prelibatezze esposte sul vecchio tavolo da biliardo coperto da un lenzuolo è stato temporaneamente chiuso per assembramenti all’interno: «Cerchiamo di seguire sempre le regole con rigore anche se siamo abituati ad accogliere a braccia aperte la clientela», afferma il titolare.
Senza tempo, infine, il bar Basso e il suo Negroni Sbagliato inventato dal padre dell’attuale proprietario Maurizio Stocchetto. Cristallizzato dal lontano 1947, con il suo improbabile décor a metà tra un salottino borghese e uno chalet sempre uguale a se stesso, capace di inventare un cocktail-icona per sbaglio e di diventare cult suo malgrado. «Porta Venezia? È bella perché anacronistica e modernissima insieme».
Soddisfatti
I titolari di negozi e locali: qui solidarietà e capacità di reagire all’allerta per il Covid