Corriere della Sera (Milano)

Focolai e ospedali, allarme dei medici

Raddoppian­o i positivi nelle scuole. L’Ats: più contagi tra i liceali. Ma prof e studenti: no alla didattica a distanza Reparti sotto stress, tracciamen­to in crisi, hotel-quarantene: i nodi in Regione. L’appello dei 600

- di Giovanna Maria Fagnani e Stefano Landi

Raddoppian­o i focolai a scuola: l’ultimo report settimanal­e di Ats dice che sono 175 i casi positivi a Milano, praticamen­te il doppio rispetto a 7 giorni fa. Aumentano soprattutt­o tra i liceali, che si contagiano soprattutt­o fuori. Ma che raccontano, sulla stessa linea del sindaco Beppe Sala e dei professori, perché non vorrebbero tornare alla didattica distanza. Il tema torna all’allarme movida, con i medici che chiedono una stretta e la Regione che al tavolo con il Cts di ieri annuncia che preferisce aspettare gli effetti dei limiti imposti dal Governo. Sale la curva dei ricoveri, ieri con un preoccupan­te più 12 nelle terapie intensive per polmoniti.

Il doppio del doppio. Il contagio cresce (anche) nelle scuole. Nell’ultima settimana sono 175 i casi positivi a Milano: erano 85 nel bollettino di sette giorni fa, quando il dato era già cresciuto di un altro 50 per cento rispetto alla settimana precedente. Numeri che (per ora) non allarmano il sindaco Beppe Sala, che ieri è salito sulla barricata del ministro Lucia Azzolina: «Cercherei di tutelare l’idea della presenza a scuola», ha detto.

Il primo dubbio sull’evoluzione dell’epidemia nelle classi lo risolve Marino Faccini, responsabi­le delle Malattie infettive di Ats: «Ad ammalarsi sono soprattutt­o ragazzi dei licei. Che non si infettano a scuola, ma fuori. Per ora sui più giovani non abbiamo particolar­i evidenze», spiega. E qui il filo si riannoda con gli altri capitoli critici della stessa storia. Motore di molto resta la movida. Lo si legge nel numero dei positivi dall’età media sempre più bassa (ieri 1.080 in totale, con una percentual­e del 6,2 sui tamponi processati) ma anche dalla coda di contagi trascinati tra le mura di casa che genera ricoveri di genitori e nonni. Ieri, un altro campanello d’allarme: 12 nuovi pazienti in terapia intensiva per polmoniti. Che portano il totale nei reparti più critici a 62, di cui 40 intubati. Ma cresce anche di 83 unità il numero di ricoveri meno gravi. Per questo al tavolo di ieri con il Comitato Tecnico Scientific­o regionale a tratti i toni sono stati accesi. Con il Cts a invocare un’ulteriore stretta in Lombardia per evitare che i numeri preoccupan­ti di questi giorni possano diventare ingestibil­i più avanti. E soprattutt­o a stimolare gli ospedali per mettere a punto il piano per un passaggio dalla Fase 1 alla Fase 2 che potrebbe avvenire tra pochi giorni. I nodi restano la difficoltà a seguire il tracciamen­to dei casi, ora che i contagi aumentano, soprattutt­o nell’area di Milano (ieri 440), gli spazi da reperire per garantire quarantene sicure e la vita sociale dentro e fuori ai locali. «L’orientamen­to è di attuare le indicazion­i contenute nel Dpcm e verificarn­e

l’efficacia tra alcuni giorni», ha spiegato l’assessore al Welfare Giulio Gallera. La linea della Regione resta quindi quella di rimanere nel perimetro dei limiti firmati dal governo. In quello stesso dpcm che il governator­e Attilio Fontana ha definito «conservati­vo e confuso», sottolinea­ndo come non siano state recepite le osservazio­ni delle Regioni su trasporto pubblico e sulla didattica a distanza per le classi superiori.

C’è troppa leggerezza tra i giovani. Lo pensano in molti, lo ripete sempre il direttore di Malattie infettive Massimo Galli parlando di quest’estate brava: «La faccenda butta al brutto, se non abbiamo interventi seri e ponderati per invertire la tendenza ci ritroverem­o ad affrontare anche noi quello che sta succedendo in Francia, Gran Bretagna e Spagna. Dobbiamo invertire la tendenza altrimenti rischiamo di vedere purtroppo un bel po’ di morti». Scenario, quello attuale, che preoccupa i quasi 600 operatori sanitari lombardi che ieri hanno firmato un appello per manifestar­e i propri timori: «Il rischio è che l’intero sistema venga messo ancora una volta sotto stress estremo, non basta la disciplina della gente, serve una risposta coordinata e lungimiran­te delle istituzion­i» scrivono i medici. Fontana sostiene che per ora basti così e che non sia il momento di abbassare alle 18 la saracinesc­a di bar e ristoranti. Chiede invece una mano al sindaco Beppe Sala per garantire più controlli sul territorio, in particolar­e agli indirizzi preferiti per gli assembrame­nti della movida.

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Una pattuglia della polizia locale ieri sera lungo il Naviglio per le verifiche ai bar
(foto Piaggesi) Controlli Una pattuglia della polizia locale ieri sera lungo il Naviglio per le verifiche ai bar

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