Focolai e ospedali, allarme dei medici
Raddoppiano i positivi nelle scuole. L’Ats: più contagi tra i liceali. Ma prof e studenti: no alla didattica a distanza Reparti sotto stress, tracciamento in crisi, hotel-quarantene: i nodi in Regione. L’appello dei 600
Raddoppiano i focolai a scuola: l’ultimo report settimanale di Ats dice che sono 175 i casi positivi a Milano, praticamente il doppio rispetto a 7 giorni fa. Aumentano soprattutto tra i liceali, che si contagiano soprattutto fuori. Ma che raccontano, sulla stessa linea del sindaco Beppe Sala e dei professori, perché non vorrebbero tornare alla didattica distanza. Il tema torna all’allarme movida, con i medici che chiedono una stretta e la Regione che al tavolo con il Cts di ieri annuncia che preferisce aspettare gli effetti dei limiti imposti dal Governo. Sale la curva dei ricoveri, ieri con un preoccupante più 12 nelle terapie intensive per polmoniti.
Il doppio del doppio. Il contagio cresce (anche) nelle scuole. Nell’ultima settimana sono 175 i casi positivi a Milano: erano 85 nel bollettino di sette giorni fa, quando il dato era già cresciuto di un altro 50 per cento rispetto alla settimana precedente. Numeri che (per ora) non allarmano il sindaco Beppe Sala, che ieri è salito sulla barricata del ministro Lucia Azzolina: «Cercherei di tutelare l’idea della presenza a scuola», ha detto.
Il primo dubbio sull’evoluzione dell’epidemia nelle classi lo risolve Marino Faccini, responsabile delle Malattie infettive di Ats: «Ad ammalarsi sono soprattutto ragazzi dei licei. Che non si infettano a scuola, ma fuori. Per ora sui più giovani non abbiamo particolari evidenze», spiega. E qui il filo si riannoda con gli altri capitoli critici della stessa storia. Motore di molto resta la movida. Lo si legge nel numero dei positivi dall’età media sempre più bassa (ieri 1.080 in totale, con una percentuale del 6,2 sui tamponi processati) ma anche dalla coda di contagi trascinati tra le mura di casa che genera ricoveri di genitori e nonni. Ieri, un altro campanello d’allarme: 12 nuovi pazienti in terapia intensiva per polmoniti. Che portano il totale nei reparti più critici a 62, di cui 40 intubati. Ma cresce anche di 83 unità il numero di ricoveri meno gravi. Per questo al tavolo di ieri con il Comitato Tecnico Scientifico regionale a tratti i toni sono stati accesi. Con il Cts a invocare un’ulteriore stretta in Lombardia per evitare che i numeri preoccupanti di questi giorni possano diventare ingestibili più avanti. E soprattutto a stimolare gli ospedali per mettere a punto il piano per un passaggio dalla Fase 1 alla Fase 2 che potrebbe avvenire tra pochi giorni. I nodi restano la difficoltà a seguire il tracciamento dei casi, ora che i contagi aumentano, soprattutto nell’area di Milano (ieri 440), gli spazi da reperire per garantire quarantene sicure e la vita sociale dentro e fuori ai locali. «L’orientamento è di attuare le indicazioni contenute nel Dpcm e verificarne
l’efficacia tra alcuni giorni», ha spiegato l’assessore al Welfare Giulio Gallera. La linea della Regione resta quindi quella di rimanere nel perimetro dei limiti firmati dal governo. In quello stesso dpcm che il governatore Attilio Fontana ha definito «conservativo e confuso», sottolineando come non siano state recepite le osservazioni delle Regioni su trasporto pubblico e sulla didattica a distanza per le classi superiori.
C’è troppa leggerezza tra i giovani. Lo pensano in molti, lo ripete sempre il direttore di Malattie infettive Massimo Galli parlando di quest’estate brava: «La faccenda butta al brutto, se non abbiamo interventi seri e ponderati per invertire la tendenza ci ritroveremo ad affrontare anche noi quello che sta succedendo in Francia, Gran Bretagna e Spagna. Dobbiamo invertire la tendenza altrimenti rischiamo di vedere purtroppo un bel po’ di morti». Scenario, quello attuale, che preoccupa i quasi 600 operatori sanitari lombardi che ieri hanno firmato un appello per manifestare i propri timori: «Il rischio è che l’intero sistema venga messo ancora una volta sotto stress estremo, non basta la disciplina della gente, serve una risposta coordinata e lungimirante delle istituzioni» scrivono i medici. Fontana sostiene che per ora basti così e che non sia il momento di abbassare alle 18 la saracinesca di bar e ristoranti. Chiede invece una mano al sindaco Beppe Sala per garantire più controlli sul territorio, in particolare agli indirizzi preferiti per gli assembramenti della movida.