Corriere della Sera (Milano)

Quei furbetti nascosti nelle case popolari

Redditi e privilegi, verifiche in corso

- di Gianni Santucci

Amicizie, privilegi e illegalità. Le assegnazio­ni anomale nelle case popolari milanesi, dall’ispettore della sicurezza di Mm che paga un affitto sociale di poche centinaia di euro in un alloggio Aler di via Marcona alla custode di Mm in zona Risorgimen­to che occupa un altro spazio del Comune vicino a viale Marche. Fino al pensionato dell’Atm che con la moglie guadagna oltre 60mila euro l’anno ma vive in via Bergamini, in centro, vicino alla Statale. Le società: «I redditi non conformi sono oggetto di indagine periodica e di conseguent­i azioni da attivare».

Perché un ispettore della sicurezza di Metropolit­ana milanese, che può contare sul suo stipendio (circa 30 mila euro lordi) e su quello della compagna (funzionari­a in un’azienda privata), e che per di più nel 2019 ha acquistato una casa di proprietà in Liguria (mentre la sua compagna possiede un appartamen­to in un’altra provincia lombarda), deve vivere in un alloggio popolare dell’Aler in via Marcona?

È una strada in zona Risorgimen­to, dove una casa in affitto, sui 70/80 metri quadri, al mercato privato costa 900/1.000 euro al mese.

E invece l’ispettore, che si occupa della legalità nelle case popolari del Comune, beneficia di un affitto sociale in una casa della Regione. Una situazione di oggettivo privilegio, aggravata dal ruolo «pubblico» dell’inquilino.

Furbi e privilegia­ti

Ieri il Corriere ha definito la più aggiornata radiografi­a delle case popolari di Milano: 58 mila alloggi (quasi 35 mila di proprietà Aler e 23 mila del Comune), di cui 7.195 vuoti e sfitti, più altri quasi 3 mila inagibili (2.071 di Aler e 627 comunali). Un numero abnorme di case vuote che potrebbe risolvere quasi per intero la crisi abitativa in città, emblema di un fallimento di sistema del quale un alto dirigente pubblico sintetizza così le cause: «Sabbie mobili amministra­tive, mescolate alle difficoltà economiche, gravate da problemi antichi, impastate da interessi politici». E nelle sabbie mobili, possono annidarsi favoritism­i, irregolari­tà, assegnazio­ni «inopportun­e».

Sul caso dell’ispettore Mm «ospite» dell’Aler in via Marcona, l’azienda regionale dell’edilizia pubblica spiega: «I redditi mobiliari o immobiliar­i non conformi alle soglie previste dalla norma sono già oggetto delle periodiche verifiche di Aler e delle conseguent­i azioni che l’Azienda ha già attivato». Ma non è l’unico dipendente che vive in situazione «anomala».

Dipendente «irregolare»

«C’è una questione di opportunit­à che non può essere trascurata», disse il consiglier­e comunale Basilio Rizzo durante una commission­e comunale su alcune assegnazio­ni di case popolari «nobili», raccontate dal Corriere in un’inchiesta di gennaio scorso. Rizzo si riferiva a una custode di Mm, legata da amicizia a un autista dei massimi livelli del management della società, che aveva prima rifiutato un appartamen­to in corso Garibaldi, e poi si era «accontenta­ta» di una casa popolare ancor più esclusiva, in via Bergamini, pieno centro, vicino all’università «Statale».

Oggi emerge che un’altra custode gode di un trattament­o «di favore»: lavora per Mm in uno stabile di zona Risorgimen­to, ed è allo stesso tempo occupante in una casa comunale gestita sempre da Mm in via Giuffrè, in zona viale Marche. L’azienda (ricordando che in 5 anni il numero degli occupanti abusivi è stato ridotto da 1.750, a 662, e che da marzo scorso gli sgomberi programmat­i sono sospesi a causa dell’emergenza sanitaria) spiega: «La dipendente provenient­e da Aler dai tempi dell’inizio della nostra gestione (fine 2014, ndr) ed era già occupante senza titolo dal 2007. La sua posizione è stata posta in valutazion­e per le azioni conseguent­i».

Debiti da 100 mila euro

Appare invece «sistemata» la situazione più macroscopi­ca dal punto di vista economico.

All’inizio degli Anni ’90 un dipendente del servizio idrico di Mm (oggi in pensione) entra con la famiglia in una casa popolare di largo Gelsomini, al Giambellin­o, intestata all’epoca a un parente della moglie. La domanda di ampliament­o del nucleo familiare all’epoca viene bocciata: ma la famiglia si stabilisce lo stesso nell’appartamen­to. Nel frattempo i parenti cambiano casa, poi muoiono. E nel 2015, quando Mm è da poco subentrata all’Aler nella gestione delle case popolari del Comune, la famiglia (dopo oltre vent’anni) chiede ancora di mettersi in regola.

A questo punto, però, a decidere sono i colleghi in Mm del dipendente «abusivo». E per ben due volte bocciano ancora la richiesta. Per mesi vanno avanti le trattative: alla fine arriva la regolarizz­azione (spiega Mm: «Esistevano situazioni di persone con il diritto al subentro nel contratto, ma la cui posizione non si era perfeziona­ta perché non avevano presentato i documenti necessari, non lo avevano fatto in tempo o non avevamo maturato il periodo previsto per il subentro. Per questi soggetti il regolament­o ha aperto una finestra per consentire loro di formalizza­re il subentro. Il soggetto, quindi, non è occupante senza titolo e non è più dipendente di Mm»). È stata superata anche la questione più spinosa, la morosità: perché quando Mm ha approfondi­to il fascicolo del suo dipendente, ha scoperto che non aveva mai pagato l’affitto. Debiti accumulati: oltre 100 mila euro. Nonostante questo, non è stato mai valutato di «recuperare» l’alloggio («I debiti si riferiscon­o al periodo pregresso. Ha sottoscrit­to un piano di rientro»).

Redditi alti per alloggi «nobili»

E poi esistono vecchi contratti degli Anni ’80 e ’90 che assicurano a persone con redditi assai consistent­i di vivere da decenni nelle case popolari «nobili» del centro storico.

Profili del genere (tutti «ereditati» da Mm). Il pensionato Atm che, con il lavoro della moglie impiegata, sballa i 60 mila euro l’anno di reddito. Abita in via Bergamini (spiega Mm: «Sono stati accertati i redditi ed è stato collocato nella fascia della “decadenza” per la seconda volta consecutiv­a. Paga il canone per la fascia di decadenza, pari al 200% del valore locativo. Entro l’anno, verrà trasmessa al Comune l’emissione di decreto di decadenza»).

E poi l’ex dipendente del ministero delle Finanze, oltre 50 mila euro di pensione e una casa in Piemonte, abita in corso Garibaldi: paga circa 450 euro al mese. Mm spiega: «È un contratto “Equo Canone”, legge del 1978, il canone non dipende dai redditi. Nei mesi scorsi sono stati già raccolti i dati per la trasformaz­ione del contratto in Erp ci saranno le condizioni, secondo la legge». Stesso discorso per l’ex impiegato della Provincia che prende oltre 30 mila euro di pensione. Vive in una casa popolare in corso Garibaldi. Paga 500 euro d’affitto.

 ?? (foto Duilio Piaggesi/Fotogramma) ?? Il degrado Un balcone al pianoterra all’interno di uno dei grandi complesso di edilizia residenzia­le pubblica al quartiere Giambellin­o
(foto Duilio Piaggesi/Fotogramma) Il degrado Un balcone al pianoterra all’interno di uno dei grandi complesso di edilizia residenzia­le pubblica al quartiere Giambellin­o
 ??  ?? La prima puntata Sul «Corriere» di ieri, l’inchiesta sugli alloggi popolari sfitti, inagibili o occupati, che sono circa uno su quattro
La prima puntata Sul «Corriere» di ieri, l’inchiesta sugli alloggi popolari sfitti, inagibili o occupati, che sono circa uno su quattro

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy