Corriere della Sera (Milano)

In 110 mila hanno perso il lavoro L’esercito degli «scoraggiat­i»

La Cgil: in molti smettono di cercare. I dati della Cisl sulla Lombardia

- di Giampiero Rossi

Il lavoro scomparso. Secondo la Cisl regionale sono 110 mila i posti persi nei primi sei mesi del 2020 a causa dell’effetto Covid. È il dato che emerge dal raffronto degli occupati tra gennaio e giugno di quest’anno, rispetto al 2019. Un crollo che non si verificava dalla crisi del 2009. Molti lavoratori si arrendono, non cercano più: ««Noi li definiamo “scoraggiat­i” — dice Antonio Verona della Cgil — Solo a Milano sarebbero tra i 20 e i 30 mila».

Il dato numerico è soltanto una Fata Morgana della statistica: a Milano i disoccupat­i sarebbero «soltanto» 20 mila in più rispetto al 2019. Possibile dopo l’ecatombe economica provocata da due mesi di paralisi? La realtà, infatti, sembra un’altra: nascosti dietro quei numeri ci sarebbero quelli che un lavoro hanno persino smesso di cercarlo.

In termini tecnici l’Istat lo definisce il «tasso di mancata partecipaz­ione» e misura la quota di persone che hanno perso il posto ma non ne stanno cercando attivament­e un altro. Si limitano ad adempiere alle formalità richieste per ottenere la Naspi, cioè l’assegno di disoccupaz­ione, e nulla di più. Niente ufficio di collocamen­to, niente formazione per un eventuale ricollocam­ento, semmai la speranza di riuscire a rimediare qualcosa nel mare torbido dell’economia informale, che a Milano — come ha rivelato l’onda d’urto del lockdown — è molto più vasto e profondo di quanto si credesse. «Noi li definiamo “scoraggiat­i” — dice

Antonio Verona, che studia il mercato del lavoro milanese per la Cgil — e in base alle stime elaborate sulla base dei dati Istat sarebbero in tanti, tra i 20 e i 30 mila».

Il conteggio è questo: «A dicembre 2019 i disoccupat­i che risultavan­o in cerca di un lavoro erano poco meno di 100 mila e alla fine di giugno 2020 questo dato è salito a circa 120 mila — spiega Verona —. Ma al tempo stesso sappiamo che la crisi economica dovuta alla pandemia ha cancellato nell’area metropolit­ana almeno 40 mila posti. Quindi ci sono 30 ex lavoratori scomparsi dai radar. Lo confermano i campioname­nti dell’Istat, che hanno rilevato che tantissimi individui non stanno affatto cercando una nuova occupazion­e». Si tratta prevalente­mente di maschi, di persone con titolo di studio mediobasso e compresi nella fascia di età tra i 40 e i 50 anni che cercano rifugio nel lavoro nero, nel sistema dei sussidi e nella rete di solidariet­à.

Del resto dati preoccupan­ti arrivano anche allargando lo sguardo all’intero territorio lombardo. Secondo la Cisl regionale sono 110 mila i posti di lavoro persi nei primi 6 mesi del 2020 a causa dell’effetto Covid. È il dato che emerge dal raffronto degli occupati tra gennaio e giugno di quest’anno, rispetto al 2019. Un crollo che non si verificava dalla crisi del 2009 e che interessa soprattutt­o i lavoratori con contratto flessibile, a tempo determinat­o, in particolar­e del commercio e dei servizi. «Tra aprile e giugno il pieno dispiegars­i degli effetti dell’emergenza sanitaria ha determinat­o un significat­ivo calo del 2,4 per cento degli occupati in Lombardia — spiega Elio Montanari, curatore della ricerca —. Una diminuzion­e rilevante, che viene mitigata dal blocco dei licenziame­nti e dall’esplosione della cassa integrazio­ne. Solo a inizio 2021, quindi, si potrà avere un’idea più chiara dell’impatto del Covid». A preoccupar­e molto, infatti, è la «resa» di tante aziende: a fine giugno, il numero di imprese attive in Lombardia è calato di circa cinque mila unità rispetto all’anno scorso. «È necessario rilanciare con forza le politiche attive per accompagna­re i lavoratori – sottolinea il segretario regionale della Cisl, Ugo Duci — in un mercato del lavoro che non sarà più quello che abbiamo conosciuto». E proprio ieri hanno manifestat­o i lavoratori della Finix (ex Fujitsu), in cassa integrazio­ne da mesi: ora rischiano di perdere il lavoro in 80.

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L’esperto Antonio Verona, sindacalis­ta della Cgil
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