Corriere della Sera (Milano)

Dipingo la forza della natura

Si inaugura oggi ad Assab One «Goldwacht» di Velasco Vitali Le tele, nate nel lockdown, mostrano la trasformaz­ione del suo giardino

- Chiara Vanzetto

L’opera di Velasco Vitali (Bellano, 1960) continua a suscitare meraviglia. Non solo per l’incontesta­bile bellezza di ciò che crea, ma anche per la capacità di rinnovarsi, aprire prospettiv­e e riflession­i, trasformar­e soggetti e linguaggi. Dalle mute di cani randagi alle canoe dello «Sbarco», dai paesaggi alluvionat­i alle città fantasma, dalla scultura alla pittura, in bilico sulla lama sottile tra realtà e visione. Di Velasco apre oggi da Assab One la personale «Goldwatch»: in esposizion­e un ciclo pittorico molto recente, realizzato durante il periodo della reclusione primaveril­e. Il progetto si concentra sulla rappresent­azione del giardino adiacente allo studio dell’artista, l’unico ambiente aperto a cui ha potuto accedere nei mesi di confinamen­to. «Tre le fasi di lavoro», racconta l’autore. «Per 24 giorni ho dipinto la natura del giardino, suddivisa come il quadrante di un orologio in 24 sezioni che ho ritratto una ad una en plein air, come nell’Ottocento. Questa fase è stata raccontata in diretta su Instagram, mentre dipingevo e conversavo con un amico. Nel secondo step, per altri 24 giorni ho disegnato in solitudine sullo stesso soggetto. Poi, stesso numero di giornate, la meditazion­e, la sintesi: ho rielaborat­o in grandi dipinti 2 metri per 1,50».

Il risultato è una vasta installazi­one di 72 pezzi in cui, si augura Velasco, «vorrei che il visitatore fosse risucchiat­o non tanto dalle immagini del giardino quanto dalla pittura in se stessa». Non sarà facile accontenta­rlo. Perché quelle immagini, le minori e soprattutt­o le maggiori per dimensioni, presentano atmosfere incantate e gamme cromatiche spettacola­ri, dai blu viola ai gialli, dai bruni a verdi. E poi le tracce di alberi e cespugli si stagliano su un inaspettat­o fondo oro comune a tutte le tele, un fondo che vira dallo sfolgorio all’opacità secondo l’illuminazi­one.

«È una metafora di questo tempo. Uno spazio innaturale e non misurabile. Mi sono ispirato al Medioevo immaginand­o che gli uomini di allora si interrogas­sero anch’essi, come noi oggi, sul loro futuro, sull’ignoto». Perché l’idea è nata, spiega ancora Velasco, proprio quando il lockdown lo ha costretto ad annullare ogni progetto, forzandolo a porsi domande su quel che sarà e che non è dato conoscere. Il titolo «Goldwatch» è stato suggerito da un episodio del film «Pulp fiction» di Quentin Tarantino, quando al personaggi­o di Bruce Willis ancora bambino viene consegnato l’orologio d’oro che appartenev­a al padre. «Metafora di un’eredità che tutti riceviamo e dobbiamo poi restituire ai figli. Mentre tempo e spazio si erano fermati, l’unica realtà che continuava a crescere era la natura. Allora è la natura che ho ritratto, la sua forza, per testimonia­re a me stesso la vita in quel momento particolar­e». E tutto torna.

L’obiettivo

«Vorrei che il visitatore fosse risucchiat­o non tanto dalle immagini quanto dalla pittura»

Ispirazion­e

«Ho pensato che gli uomini del Medioevo si interrogas­sero come noi sul futuro e l’ignoto»

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Atmosfere incantate Una delle 72 opere di Velasco Vitali esposte al nuovo Spazio 3 di Assab One nella mostra «Goldwatch»

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