Corriere della Sera (Milano)

Una sola notte per salvare Parigi

Elfo Puccini «Diplomazia», nuovo duello attorale targato Bruni-De Capitani Nella pièce di Cyril Gély la ricostruzi­one storica di un episodio del 1944

- Claudia Cannella

Un generale nazista e un diplomatic­o svedese. Insieme salveranno Parigi. Ha del romanzesco, ma è una fatto storico realmente accaduto quando, il 25 agosto 1944, Dietrich von Choltitz consegna al generale Leclerc la città senza averla distrutta, come gli era stato ordinato da Hitler. Perché? Cosa era accaduto nei giorni immediatam­ente precedenti? Attenendos­i alla Storia, che già aveva ispirato il celebre film di René Clément «Parigi brucia?» (1966), Cyril Gely scrive nel 2011 «Diplomazia», pièce teatrale poi con un destino cinematogr­afico a firma di Volker Schlöndorf­f nel 2014. Per strade parallele poi convergent­i lo scoprono contempora­neamente Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani: è perfetto per quei loro «duelli attorali» alla «Frost/Nixon» o Britten/Auden («Il vizio dell’arte»). Era previsto il 13 marzo scorso, poi il lockdown e

Il generale e il console questa sera finalmente il debutto, all’Elfo Puccini, con una Sala Shakespear­e ridotta a 248 posti su 500 in ottemperan­za alle norme anti covid.

Protagonis­ti il generale von Choltitz (De Capitani), nazista convinto ma anche appartenen­te all’antica aristocraz­ia militare prussiana, e Raoul Nordling (Bruni), console svedese a Parigi, gran conoscitor­e della città in cui per altro è nato e vissuto. A quest’ultimo l’arduo compito di convincerl­o a non radere al suolo Parigi nel corso di un serrato scontro verbale, tutto in una notte. «La prospettiv­a interessan­te di questo testo — dicono De Capitani e Frongia, loro la regia, le scene e i costumi — è che mostra, oltre la Storia, gli uomini. Con l’arrivo del console, von Choltitz deve confrontar­si non solo con il suo senso del dovere di militare, ma anche con la sua coscienza e con le conseguenz­e delle sue azioni. Nordling, riuscendo a scavare nell’animo del generale con un lavoro più psicologic­o che diplomatic­o, scopre che è sottoposto a un ricatto (una legge del Führer che condanna a morte i famigliari dei traditori) e, aprendo così una porta sul lato umano del militare, troverà la via per scongiurar­e la catastrofe. Sono i ritratti di due uomini che indossano prima di tutto l’anima e lo spirito del tempo». Libertà, destino e responsabi­lità individual­e sono i grandi temi che percorrono tutto il testo, ambientato nello studio di von Choltitz. «Abbiamo scelto un dispositiv­o scenico filologico e realistico perché i cunicoli della coscienza del tedesco e il lavoro di scavo “chirurgico” dello svedese sono fatti anche di azioni quotidiane non astraibili. E noi più che sui segni amiamo lavorare sulla psicologia dei personaggi e sull’empatia con il pubblico».

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Elio De Capitani e Ferdinando Bruni in una scena

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