Blitz ai bancomat con l’esplosivo Presa la banda dei bolognesi
Tre arresti dopo l’assalto da 54 mila euro. Trovata l’auto da 450 cv usata per fuggire
Li hanno catturati poche ore dopo l’ultimo assalto all’automatico della Bpm di Vanzaghello. I carabinieri hanno arrestato tre pregiudicati originari del quartiere Pilastro di Bologna. Una banda specializzata negli assalti ai bancomat con le «marmotte» esplosive: scatole di metallo riempite di nitrato d’ammonio che venivano infilate nella fessura delle banconote. Il gruppo si muoveva su un’auto da 450 cavalli.
La banda del Pilastro, quartiere bolognese tristemente noto per la strage compiuta contro tre carabinieri dai poliziotti infedeli della «Uno bianca», si muoveva su una potentissima Audi Rs4 avant di colore grigio.
Una «familiare» dal bagagliaio capiente ma capace di viaggiare a 250 chilometri all’ora (limitati dalla casa produttrice) con 450 cavalli di potenza. Una «bestia» per seminare qualsiasi auto delle forze dell’ordine nel giro di pochi secondi. Un mezzo indispensabile per chi puntava tutto proprio sulla «velocità» d’azione: meno di tre minuti dall’arrivo sull’obiettivo all’esplosione fino alla fuga con i contanti. Un modus operandi sempre identico che lascia ipotizzare la partecipazione della «banda del Pilastro» a decine, se non quasi centinaia, di colpi in tutto il Nord Italia.
Perché Zakaria Siyadi, 28 anni, origini nordafricane ma italianissimo, Nicola Maltese, 35 anni, e Massimo Monti, di 34, sono stati catturati nella notte tra giovedì e venerdì dopo l’assalto con l’esplosivo allo sportello bancomat della Bpm di via Roma a Vanzaghello. Un colpo da 54 mila euro (altri 12 mila sono stati lasciati nell’automatico). Soldi che i carabinieri della squadra rapine del Nucleo investigativo di via Moscova, guidati dai tenenti colonnelli Antonio Coppola e Cataldo Pantaleo, hanno recuperato fino all’ultimo centesimo. I tre sono infatti stati arrestati un paio d’ore dopo in un box sotterraneo di Cernusco sul Naviglio dove s’erano rifugiati. I carabinieri li hanno sorpresi, al buio, metre stavano contando le banconote nel garage: si sono arresi senza reagire.
Sapevano di non poter fuggire, anche perché si tratta di criminali esperti, e allo stesso tempo una reazione avrebbe potuto solo aggravare la loro posizione giuridica. Perché incredibilmente l’assalto esplosivo ai bancomat — fenomeno molto cresciuto negli ultimi anni — ha pene molto miti visto che l’accusa è di furto aggravato (più la detenzione dell’esplosivo) ma non la più grave di rapina. Questo spiega come mai Zkaria Siyadi potesse trovarsi di nuovo libero dopo essere stato arrestato sempre dai carabinieri di Milano nella primavera del 2019 per una serie di assalti esplosivi. La banda utilizzava il metodo della «marmotta», tipico proprio della scuola bolognese: una parallelepipedo di una quarantina di centimetri e largo come la fessura delle banconote, che veniva poi riempito con 350 grammi di nitrato d’ammonio e fatto detonare collegando una «graffetta» (che diventava poi incandescente) con un cavo a una grossa batteria d’automobile. Un sistema instabile e pericoloso che necessita di grande padronanza (Siyadi era l’artificiere) per evitare da un lato di non riuscire ad aprire la cassaforte e dall’altro di fare crollare parte dell’edificio o peggio rimetterci la vita (come accaduto in alcuni casi in passato).
I carabinieri del Nucleo del reparto investigativo, guidato dal colonnello Michele Miulli, erano sulle tracce dei tre dalla scorsa estate. Erano stati i carabinieri di Sesto diretti dal maggiore Saverio Sica, a individuare l’Audi dopo alcuni colpi. Il pm di Monza Alessandro Pepé ha coordinato le indagini ruotate, appunto, attorno ai movimenti della vettura. Giovedì notte i militari hanno seguito «a distanza» i movimenti del mezzo e appena hanno avuto notizia dell’esplosione a Vanzaghello sono intervenuti d’urgenza risalendo attraverso il tracciato Gps al box di Cernusco.
I tre, con un complice che adesso è indagato a piede libero, erano saliti a Milano martedì da Bologna. Due giorni di sopralluoghi e poi l’azione a Vanzaghello. In auto avevano 8 «marmotte» caricate d’esplosivo e altre 16 pronte per essere utilizzate. Il covo in un appartamento di piazza Nizza, tra Niguarda e l’Isola. La banda al momento dell’arresto era pronta a cambiare l’auto: l’Audi sarebbe rimasta nel box di Cernusco, mentre il complice avrebbe consegnato loro una meno vistosa utilitaria Toyota Yaris. Nell’appartamento-covo i carabinieri hanno trovato i resoconti dei sopralluoghi effettuati negli ultimi giorni. Obiettivi già pronti e pianificati in vista della prossima trasferta da Bologna. Ma, almeno per adesso, è scattato il lockdown forzato del carcere.
Metodo «marmotta» Per scardinare le casse automatiche utilizzati nitrato d’ammonio e batterie dei veicoli