Corriere della Sera (Milano)

Atenei, pronti a fare lezione anche dopo cena

La Fipe: in fumo 3 milioni al giorno. Lascia la gelateria Toldo

- di Fabrizio Guglielmin­i

«Lezioni anche di sera». Matteo Colleoni, coordinato­re dei mobility manager accademici: «Le università sono pronte a fare la loro parte per alleggerir­e la pressione sui mezzi pubblici».

Il coprifuoco che impone a bar e ristoranti di fermare alle 18 il servizio da asporto e abbassare le saracinesc­he alle 24 «è un altro duro colpo al nostro comparto. Manda in fumo 1 milione e mezzo di euro di fatturato al giorno e quasi 50 al mese solo a Milano. Ci sono poi le perdite in termini di occupazion­e e mortalità delle imprese. La salute è priorità, non si discute, ma anche i pubblici esercizi sono il futuro». A protestare è la Fipe, associazio­ne di categoria di Confcommer­cio, dopo l’ordinanza regionale appena emanata dalla Lombardia.

«La misura ancora più restrittiv­a di prima, anche se ammorbidit­a in serata, rende difficilis­sima la sopravvive­nza di una quantità di locali», sostiene il segretario generale di Confcommer­cio Marco Barbieri. Ad inizio settembre un pubblico esercizio su tre dichiarava che avrebbe chiuso definitiva­mente la serranda entro fine anno: «Credo che la proporzion­e sia aumentata ancora, è il settore più massacrato», conferma. Per fare un esempio, ha appena tirato i remi in barca la storica gelateria Toldo di via Ponte Vetero, nel cuore di Brera. Non ha resistito tra caro canone d’affitto da pagare «senza sconti» e calo del fatturato del 35 per cento. «Su un milione di pendolari che veniva a Milano per lavoro e mangiava fuori, mancano all’appello 700 mila persone. Perché accanirsi? — chiede ancora Barbieri —. Le regole ci sono, bar e ristoranti fanno di tutto per seguirle all’interno. Davvero ne servono di ulteriori e più stringenti? Piuttosto chi di dovere dovrebbe farle rispettare fuori, sul suolo pubblico».

Barbieri cita infine un fatto a suo dire paradossal­e: «Arriverà in Consiglio comunale in questi giorni la discussion­e sulle norme del riscaldame­nto. In sintesi solo locali e negozi che hanno la cosiddetta “lama d’aria” a norma potranno tenere aperte le porte per attirare clienti all’interno. È questione ambientale rilevante, non bisogna sprecare energia inutilment­e e siamo tutti d’accordo. Ma ne faccio un caso di opportunit­à. Sembra il momento per parlare di questa cosa? La lama d’aria costa duemila euro circa, una spesa in più per un settore che è così sotto pressione. Non ci sarà neanche più da discutere sulle porte aperte perché ci saranno le saracinesc­he definitiva­mente abbassate».

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