«Droga, il traffico parallelo dei ghisa»
Video-trappola delle Iene:«Si tengono la roba sequestrata». In 4 indagati e trasferiti
Lo scenario è molto simile a quello emerso nell’inchiesta sulla caserma Levante dei carabinieri di Piacenza, ma per il momento le accuse sono tutte da provare. La Procura ha aperto un’inchiesta e quattro agenti del nucleo antidroga della polizia locale sono indagati, dopo il servizio realizzato dalla trasmissione le Iene in cui un ex informatore ha raccontato di soldi in cambio di soffiate e di droga non sequestrata ma rivenduta a gruppi di pusher amici. Un modus operandi che andrebbe avanti da tempo. Nell’attesa dei primi risultati delle indagini, Palazzo Marino e il comando dei «ghisa» hanno trasferito gli agenti ad altro incarico.
Un video con la testimonianza di un ex trafficante di droga. Una consegna «trappola» organizzata dalle Iene ma riuscita soltanto a metà e tanti, tantissimi dubbi. La Procura ha aperto un’inchiesta sul filmato realizzato dal giornalista Luigi Pelazza e mandato in onda dal programma di Italia 1 giovedì sera in cui un ex informatore racconta i «metodi criminali» di una squadra del Nucleo antidroga della polizia locale.
Uno scenario tra droga non sequestrata, ma rivenduta ad altri spacciatori, e soldi per pagare gli informatori che ricorda il caso della caserma Levante di Piacenza dove un gruppo di carabinieri capeggiati dall’appuntato Giuseppe Montella è stato arrestato a luglio proprio per aver organizzato una rete di spaccio con lo stupefacente che veniva sequestrato ai pusher. Un caso che ha portato all’azzeramento dei vertici locali dell’Arma per l’assenza di controlli.
Ieri il sostituto procuratore Elio Ramondini e l’aggiunto
Maurizio Romanelli, che coordina il pool che si occupa di reati contro la pubblica amministrazione, hanno iscritto nel registro degli indagati i quattro «ghisa» finiti nel video delle Iene.
Un’indagine aperta quasi come atto dovuto dopo le rivelazioni fatte dall’ex informatore a programma tv. Si tratta di un marocchino di nome Mohamed che ha raccontato alla trasmissione di aver ricevuto prebende e soldi dalla squadra dei vigili in cambio di soffiate. Non semplici informazioni però, perché secondo la «fonte» (che ha trascorso diversi anni in carcere per traffico di droga) i quattro agenti della polizia locale erano interessati più al sequestro di sostanza stupefacente che a portare a termine indagini e arresti. Droga che, sempre secondo le parole della gola profonda, veniva poi trattenuta dalla squadra per essere piazzata ad altri spacciatori «amici».
In questo modo il gruppo di agenti, una volta venduta la droga, otteneva i soldi con cui pagare le soffiate: mille, duemila e cinquecento euro per volta. In altri casi, sempre secondo il racconto di Mohamed alla trasmissione Mediaset, la squadra dichiarava d’aver sequestrato meno banconote di quante in realtà venivano trovate durante le perquisizioni. Tutte vicende ancora da chiarire e da dimostrare visto che la trappola della finta consegna organizzata dalle Iene (in viale Certosa) non si è conclusa con il «furto» della droga da parte dei vigili e lasciando andare il trafficante-comparsa, come sembrava concordato dai dialoghi registrati nell’incontro tra ghisa e informatore, ma con l’attore fermato e ammanettato in strada.
Per questo la Procura — si lavora sull’ipotesi di spaccio, peculato e abuso d’ufficio aggravati dall’appartenenza degli indagati alle forze di polizia — ha chiesto alla squadra Mobile alla Polizia Locale di acquisire l’intero «girato» del servizio (senza tagli e volti oscurati) e di ascoltare a verbale l’informatore Mohamed.
Palazzo Marino e il comandante della Polizia locale Marco Ciacci hanno nel frattempo trasferito d’urgenza i vigili indagati ad altro incarico. L’inchiesta dovrà chiarire se si sia trattato di accuse architettate per screditare il lavoro dei vigili o se effettivamente il Nucleo antidroga della Polizia locale ha adottato anche in passato condotte simili. E sembra che i primi riscontri dell’indagine non lo avrebbero affatto escluso.
I sospetti
Il gruppo di agenti, una volta piazzata la droga, avrebbe usato i soldi per pagare le soffiate