«Nelle università presenze già al minimo Servono segnali forti»
Morzenti Pellegrini: sono inutili ulteriori chiusure Meglio le settimane alterne al triennio delle superiori
«Il 22 febbraio scorso le università lombarde sono state le prime a decidere di sospendere le lezioni in aula. Se arrivasse un’indicazione in questo senso, in mezza giornata saremmo pronti a riattivare a distanza anche i pochi corsi che oggi si tengono in presenza. Ma la ritengo una misura poco utile. Non è al mondo universitario che bisogna guardare per ridurre l’affollamento dei mezzi».
Remo Morzenti Pellegrini, professore di diritto amministrativo, dal 2015 è alla guida dell’Università di Bergamo e a settembre è stato riconfermato presidente della Conferenza dei Rettori lombardi. L’ordinanza regionale promulgata venerdì sera raccomanda agli atenei, così come alle scuole superiori, di promuovere il più possibile la didattica a distanza.
Professore, perché non servirebbe?
«Perché nelle università già ora le presenze sono ridotte al minimo. Gli studenti in Lombardia sono oltre 250 mila. Al momento la presenza in aula è attorno al 20% e sta scendendo. E nella maggior parte dei casi, i pochi corsi in presenza sono organizzati in orari di
“morbida”, per non creare affollamento né in università né sui mezzi pubblici».
Come si previene il contagio negli atenei?
«All’ingresso abbiamo stazioni di misurazione della temperatura. In classe si deve prenotare il posto con una app, così teniamo il tracciamento. Entrate e uscite seguono percorsi e orari diversi. L’università è uno degli ambienti più sicuri».
Si sono però verificati due focolai al campus della Bocconi e al Collegio Milano
«Ogni residenza ha un referente Covid, che avvisa subito l’Ats e poi i positivi rispettano l’isolamento in camera e possono continuare a seguire le lezioni da remoto».
Se chiudere le università non serve, cosa bisogna fare per svuotare i mezzi pubblici?
«Occorre un segnale forte. Poiché la differenziazione degli orari d’ingresso nelle superiori non basta, cominciamo a mandare gli studenti del triennio delle superiori a scuola a settimane alterne: una in classe e una con didattica a distanza. Daremmo respiro ai mezzi pubblici e garantiremmo la socializzazione, indispensabile per la qualità dell’apprendimento». Quando bisognerebbe cominciare?
«Se decidessi io, direi da domani. L’imperativo ministeriale “le scuole non vanno chiuse” è condivisibile, ma non si deve tradurre nel limitarsi ad “attendere l’imponderabile”. Reagiamo subito, ma intanto leviamo anche le criticità esterne a scuole e università. Potenziamo i trasporti, mettiamo regole più strette o sospendiamo le attività non indispensabili (al contrario della scuola e della formazione professionale)».
Dall’uscita dell’ordinanza lombarda che reazioni ha avuto dagli altri rettori?
«Ci sentiamo tutti già in regola. Detto questo, siamo in attesa del nuovo dpcm, per vedere come si collocherà rispetto all’ordinanza».