«Obbligati a giocare senza poterci allenare»
Lo stop imposto al calcio dilettantistico, dall’Eccellenza alla Terza categoria, ha consegnato ore incerte a una società, il Viadana, che ha sede nell’omonimo comune mantovano affacciato sul Po ma dagli anni ’70 è affiliata al Comitato dell’Emilia Romagna. Sono due le società che, pur essendo lombarde, preferiscono giocare nei campionati emiliani per motivi logistici e per un risparmio chilometrico: perché per il Viadana e per la Casalese di Casalmaggiore (Cremona) le trasferte a Parma o Reggio Emilia sono più comode rispetto a quelle a Brescia o Bergamo. Entrambi iscritti alla Prima categoria, i due club hanno vissuto vigilie diverse: la Casalese sapeva già di non giocare perché l’avversaria designata del Palanzano (Parma) ha tre positivi in squadra, dunque la gara era stata rinviata. Il Viadana, invece, avrebbe dovuto ospitare oggi i reggiani del Levante. «Abbiamo chiesto agli organi competenti — spiega Damiano Mazzieri, ds del Viadana — come dovevamo comportarci. In questi casi l’autorità sanitaria, ossia la Regione Lombardia, dove si trovano la nostra sede e il nostro campo, dovrebbe avere la precedenza sull’autorità sportiva, ossia il comitato emiliano, tuttavia non abbiamo ricevuto risposte certe. Così, per evitare problemi, abbiamo chiamato il Levante e insieme abbiamo inoltrato la richiesta di rinvio della partita, ottenendo risposta positiva». Sin qui nulla di strano. Il problema però si pone per le settimane a venire. Da oggi al 6 novembre (data in cui teoricamente l’ordinanza di sospensione lombarda scadrà) il Viadana, e pure la Casalese, giocheranno una trasferta a testa. «Se nel frattempo l’Emilia Romagna non dovesse sospendere — spiega Mazzieri — noi teoricamente dovremmo presentarci al campo. E abbiamo un altro problema: in Lombardia sono vietati pure gli allenamenti. Dunque, se domenica prossima ci faranno giocare, dovremmo chiedere una deroga per poterci preparare». O, in alternativa, migrare su un campo di allenamento emiliano – nelle vicine Boretto o Brescello ad esempio, divise soltanto dal fiume Po – ma con un esborso per il noleggio del campo. A meno che il Covid non convinca anche l’Emilia Romagna a sgonfiare il pallone dei dilettanti.