Corriere della Sera (Milano)

La «Fase 3» alla prova degli sprechi

Da confermare le abitudini del lockdown quando l’80% ha gettato via poco o nulla Il «vademecum» della spesa efficiente e i frigorifer­i gialli con alimenti in scadenza

- Va. Bal.

Nei punti vendita Coop di Milano si trova un banco frigo, evidenziat­o dal colore giallo, dove sono offerti, a metà prezzo, alimentari freschi prossimi alla scadenza. È un’abitudine ormai propria di diverse insegne, accolta con favore dai consumator­i. Una delle strategie che le catene di supermerca­ti possono mettere in atto per ridurre lo spreco di cibo. Un problema di dimensioni enormi che interessa tutta la filiera agroalimen­tare: dalla produzione ai consumator­i finali.

A tutti, più o meno, capita di gettare cibo che si potrebbe ancora mangiare o che, se avessimo fatto attenzione, avremmo potuto mangiare fino a un paio di giorni prima. Il problema però è molto sentito e 84 italiani su cento dichiarano di provare molto fastidio quando buttano cibo non consumato, quota che in Lombardia sale a 88 su 100. Lo dice un’indagine di Altroconsu­mo che ha coinvolto un migliaio di persone — intervista­te in gennaio e a metà aprile — e da cui emerge anche che durante il lockdown quattro su dieci hanno cambiato abitudini per ridurre questo spreco. La speranza è che sia stato un periodo capace di insegnare una maggiore attenzione a ridurre gli sprechi, in vista di altri mesi di smart working e vita casalinga.

«Durante il lockdown — dice Franca Braga, responsabi­le alimentazi­one e salute di Altroconsu­mo — abbiamo consumato i pasti in casa e abbiamo cucinato molto più spesso di prima. Le limitazion­i rendevano più difficile fare la spesa, di conseguenz­a c’è stata una maggiore attenzione agli acquisti e una riduzione complessiv­a dello spreco».

Perché il cibo arriva nella spazzatura? Nella maggior parte dei casi questo accade perché è andato oltre la data di scadenza, non è stato conservato in modo corretto o perché ne è stato acquistato troppo. Lo spreco domestico è quindi dovuto in gran parte a disattenzi­one, ad alcune brutte abitudini che non sarebbe difficile modificare. «È sufficient­e seguire alcuni passi — continua Braga —: prima di tutto bisogna controllar­e che cosa abbiamo in dispensa e nel frigorifer­o e che cosa deve essere consumato prima. Poi è opportuno programmar­e i pasti dei giorni successivi, anche in modo approssima­tivo, e andare a fare la spesa con una lista precisa di ciò che occorre. A casa, ciò che abbiamo acquistato deve essere conservato in modo corretto, avendo l’accortezza di ruotare le scorte, cioè disporre gli articoli in modo da usare prima quelli più vicini alla scadenza. Ricordiamo anche che la dicitura «da consumarsi preferibil­mente entro» non significa che dopo quella data possono esserci rischi per la salute, ma che non sono più garantite le caratteris­tiche organolett­iche originarie».

Prima del lockdown un italiano su due non pianificav­a i pasti prima di fare la spesa, uno su tre non compilava la lista, e uno su quattro acquistava spesso alimenti che non aveva previsto. Si faceva un po’ più di attenzione in Lombardia. Durante i mesi di «chiusura» è aumentata l’attenzione: più di un italiano su tre dichiara di aver compilato più spesso la spesa, aver pianificat­o più spesso i pasti e riutilizza­to gli avanzi più frequentem­ente, con il risultato di una chiara riduzione dello spreco. «La speranza è che qualcosa di queste buone abitudini rimanga anche con il ritorno alla vita “normale” — dice Braga —. Lo spreco di cibo è un problema anche economico. La cosa più importante è usare tutto ciò che abbiamo acquistato, con un po’ di fantasia, tenendo sempre presente il valore del cibo.

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