Po, l’Acquario senza fondi trasloca in Emilia
Chiude la struttura, unica lungo tutto il corso del fiume Il gestore: dopo 14 anni abbandonati dalle istituzioni
Rimasto senza fondi l’Acquario del Po di Motta Baluffi chiude i battenti. Il gestore: «Nessun aiuto pubblico». Il nuovo progetto partirà in Emilia.
MOTTA BALUFFI (CREMONA) Dopo quattordici anni Motta Baluffi perde il suo gioiello: chiude per sempre l’Acquario del Po, gestito sin dalla sua nascita dal pescatore professionista Vitaliano Daolio. Un sito unico sull’intera asta del fiume. Settanta vasche («All’inizio erano molte meno, poi la crescita è arrivata grazie principalmente a investimenti di noi privati») e una serie di migliorie che negli anni hanno portato l’Acquario di Motta ad essere un punto di riferimento per appassionati, scolaresche e produzioni tv che qui hanno girato diversi documentari. La chiusura è dovuta alla mancanza di fondi e, soprattutto, dall’assenza di progettazione attorno all’Acquario del Po. Struttura privata, di proprietà della famiglia Bresciani, concessa in comodato d’uso gratuito al Comune, oggi l’Acquario non è più a norma di legge. «Servirebbero centinaia di migliaia di euro — spiega Daolio — soltanto per mettere a posto le vasche, che non sono antisfondamento come prevede la normativa. Di fatto abbiamo organizzato le ultime visite prime del Covid. Ora non siamo più in grado di riaprire».
Lo status di struttura privata non facilita l’accesso a fondi regionali o ministeriali, ma non sono stati fatti nemmeno tentativi convinti, come Daolio ha spesso rimarcato in questi 14 anni. L’Acquario del Po ha un costo di 12 mila euro l’anno: energia elettrica e utenze, poco altro. Certo il biglietto d’ingresso per i visitatori non basta a pareggiare il bilancio, ma la cultura del fiume meritava più attenzione. «È un discorso da allargare — avverte Daolio —. A Motta, ad esempio, abbiamo un porto turistico che è diventato una cattedrale nel deserto. Questo perché, col fallimento della ditta che doveva dragare la sabbia dal fondale per garantire l’accesso delle imbarcazioni al Ronchetto, da otto anni il porto è divenuto inaccessibile soprattutto d’estate, quando il livello del fiume è basso». Nessuno ha pensato di chiedere aiuto, ad esempio, ad Aipo, per garantire il passaggio dei natanti e dare un senso a una struttura potenzialmente molto funzionale. Va evidenziato inoltre come da un paio d’anni il rilancio del «Grande Fiume» passi dal Mab Unesco Po Grande, ma evidentemente l’opportunità a Motta Baluffi non è stata colta. E non sono mancate polemiche anche di matrice politica. «Io ho parlato con tutti, da destra a sinistra, perché per mia natura sono così — precisa Daolio — e, soprattutto, perché a me interessava salvare l’Acquario, non che venissero piantate bandierine politiche o di partito sulla struttura. L’Acquario è di tutti. Anzi, lo era».
La Lombardia perde così un pezzo unico. Pronto a risorgere in Emilia Romagna, di fatto sull’altra sponda del Po, a Sorbolo Mezzani in provincia di Parma. Il progetto qui è già a regime e nel 2022 potrebbe arrivare l’inaugurazione delle quaranta nuove vasche, inserite in un percorso turistico a tutto tondo, che sarà gestito dall’Ente Parco, in collaborazione con il comune. Qui il finanziamento è stato di 550 mila euro: tramite bandi, ovviamente. Proprio quelli che a Motta Baluffi sono rimasti invisibili in questi quattordici anni.