LA DIFESA DEI MEDICI DI FAMIGLIA E IL FUTURO DA COSTRUIRE INSIEME
Caro Schiavi, sono un vecchio medico di famiglia. Ho assistito, attonito e silente, alle numerose lamentele manifestate in questi ultimi mesi nei confronti della categoria. Ma non mi riconosco affatto nel ritratto fatto dal suo lettore (Corriere del 15 giugno). E, come me, non vi si riconoscono tutti i colleghi che conosco. Abbiamo avuto un numero spaventoso di vittime da Covid-19: evidentemente eravamo sul luogo di lavoro, altrimenti non ci saremmo ammalati (come accaduto al sottoscritto) né deceduti (come accaduto a molti colleghi). Le visite domiciliari sono la quotidianità e non mi risulta di colleghi che non ne espletino. Forse è più complicato nella grande città ma, credo, anche per problemi logistici.
Il ricorso al Pronto soccorso, nella grande maggioranza dei casi, viene deciso dal paziente, senza nemmeno interpellare il medico curante. Per accelerare i tempi; per non pagare i ticket; per mal interpretata urgenza (l’80 per cento e più degli accessi in Pronto soccorso si rivelano codici bianchi: quindi nessuna reale urgenza o necessità). Potrà esserci anche qualche responsabilità dell’utente, oppure è più comodo attribuire sempre al medico la responsabilità delle situazioni che non funzionano come dovrebbero? Giusto o sbagliato che fosse, trent’anni fa i nostri colleghi gestivano ciascuno cinque mila pazienti e la soddisfazione generale nei confronti della categoria era alle stelle. Oggi gli attacchi sono quotidiani.
Che si debba porre mano alla sanità territoriale è ormai una necessità ineludibile ma vediamo di non buttare anche il bambino assieme all’acqua sporca... Qui in Lombardia, se siamo a questo punto, la colpa può essere di tutti tranne che dei medici di famiglia. Da novembre ci hanno chiesto se fossimo disponibili per la campagna vaccinale; io e molti colleghi abbiamo dato disponibilità per effettuare le iniezioni presso i nostri ambulatori (come facciamo da anni per la vaccinazione antinfluenzale): non siamo mai stati considerati.
C
aro Temporin, non dobbiamo rimpiangere il tempo passato (con le mutue c’era anche tanto malcostume) ma migliorare il presente e preparare il futuro: sui medici di base si scaricano molte delle inadempienze del sistema e il Covid ha evidenziato le carenze sul territorio. Ma la sanità resta uno dei punti di forza per rilanciare Milano e la Lombardia (con e non contro i medici di famiglia).