Conoscere l’antico per creare
Le incisioni «in folio» di Piranesi e un prestito eccezionale da Napoli
Alla metà del Settecento si affrontarono diversi atteggiamenti nei confronti dell’antico. Ne possiamo evidenziare almeno tre: uno più erudito, che caratterizzò la corte napoletana intorno agli scavi di Ercolano e Pompei; un secondo più filologico, che portò con Winckelmannn alla fondazione di una Storia dell’arte antica basata sul confronto con le fonti e una terza, più immaginativa, che da quell’antico muoveva per realizzare nuovi oggetti e visioni già romantiche: questa ha in Piranesi uno dei suoi artefici.
La mostra «La reinterpretazione del classico: dal rilievo alla veduta romantica nella grafica storica», a cura di Susanne Bieri e Nicoletta Ossanna Cavadini al museo m.a.x. di Chiasso, offre una visione simultanea di questi tre atteggiamenti. E si avvale di un prestito eccezionale: dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, per la prima volta, si sono mossi i due candelabri pastiche realizzati dalla bottega Piranesi sotto il controllo di Francesco, figlio del più cetin gere per nuove creazioni all’antica. «Dall’ampliata visione del passato — come ha scritto lo storico dell’arte John Wilton-Ely — emerge con forza la consapevolezza dell’unicità del presente, e della necessità di individuare forme espressive adeguate alla condizione moderna».
Il passo da Winckelmann a Piranesi è quello dal conoscitore all’artista: i due si scontrano (anche per la carica di Commissario alle antichità di Roma), non si capiscono e poco si sopportano. Hanno due visioni diverse dell’antico: il primo classifica, il secondo usa l’antico con lo scopo dichiarato di stimolare l’immaginazione. Nella sua vasta produzione, Piranesi apre la via a un nuovo sistema di ricerca archeologica, rivolto allo studio in vista della nuova creazione mentre il programma rigorista e filoellenico di Winckelmann è teso alla decifrazione e all’invito di rifondare l’arte su stilemi greci riconoscibili. La diffusione delle grandi incisioni «in folio» contribuì a creare una vasta documentazione di viaggio del Grand Tour con la quale arriviamo anche alla nascita dell’invenzione del «panorama». Luigi Rossini, maestro dell’arte incisoria e riconosciuto dalla critica come l’ultimo grande illustratore delle meraviglie di Roma e Pompei dopo Vasi e Piranesi, si occuperà anche di questo, prima dell’avvento della fotografia.