Corriere della Sera (Milano)

Tra scienze naturali e pittura: visitabili dopo più di 40 anni i Musei civici di Domodossol­a

Dalle raccolte di zoologia e mineralogi­a alla pittura della Val Vigezzo

- di Chiara Vanzetto

Il confine è un limite, ma al contempo un luogo di passaggio e scambio. In questo senso è terra di frontiera l’Ossola, valla alpina piemontese, che se da un lato gravita su Milano e Torino, dall’altro si apre verso la Svizzera e la Francia. A Domodossol­a, cuore di quest’area geografica, hanno appena riaperto i battenti dopo una lunga chiusura i Musei civici: riallestit­i ex novo i materiali, i manufatti e le opere di epoche diverse, che non a caso fondono storie di cultura locale, nazionale e internazio­nale in uno spirito di ricerca e apertura verso l’esterno. Unica e particolar­e la sede, Palazzo San Francesco, edificio del primo XIX secolo costruito inglobando una chiesa francescan­a della metà del Duecento: colonne, capitelli scolpiti e navatelle affrescate, integrati con elementi d’architettu­ra ottocentes­ca e contempora­nea.

«Nel 1881 la struttura è passata in proprietà alla Fondazione Galletti, opera pia creata dall’ossolano Gian Giacomo Galletti, orefice emigrato che ha avuto successo tra Milano e Parigi. Il suo scopo è filantropi­co, per elevare culturalme­nte i conterrane­i: dunque si occupa di raccolte storico-artistico-naturalist­iche e di scuole d’arti e mestieri — racconta Antonio D’Amico, direttore delle raccolte —. I beni della Fondazione, entrati in possesso del Comune nel 1984, sono stati in deposito per 40 anni e solo oggi rivedono la luce». Un esilio che tuttavia, come spiega D’Amico, ha permesso di conservare perfettame­nte questo patrimonio, che negli ultimi 5 anni è stato accuratame­nte restaurato con l’apporto di Fondazione Ruminelli: della raccolta di zoologia, mineralogi­a e botanica sono stati conservati anche armadi e teche originali. «Abbiamo cercato poi di mettere in dialogo passato e presente, con interventi pittorici site specific dell’artista Gianluca Quaglia sullo scalone e al primo piano». E l’origine di tutti questi materiali, che spaziano tra pittura locale, archeologi­a, arredi sacri, storia naturale, archeologi­a? «Provengono in gran parte da donazioni di collezioni­sti locali attivi nell’Ottocento. Un collezioni­smo che nasce nel ‘600 ma si rinforza nel Risorgimen­to, con l’intento di legarsi al processo di unità nazionale e fornire alle nuove generazion­i il senso di un’identità condivisa».

Al top la Pinacoteca dell’arte della Val Vigezzo, che vanta un’antica tradizione: dalle famiglie di frescanti Borgnis e Peretti, attive nel XVIII secolo anche all’estero, fino ai paesaggist­i e ritrattist­i della Scuola Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore, nata nel 1878, con i talenti di Giuseppe Rossetti, Carlo Fornara, Giovanni Battista Ciolina e altri artisti. Tra i cimeli archeologi­ci spicca il corredo funebre del guerriero ossolano Claro Fuenno, tra 25 a.C. e 50 d.C., con spada, lancia e raffinati oggetti in vetro. Circa 100 i pezzi di arte sacra esposti, tra suppellett­ili liturgiche e intagli lignei, mentre la collezione naturalist­ica vanta tra l’altro un buon numero di animali impagliati, sia locali che esotici.

Il direttore

«I materiali arrivano per la gran parte da collezioni­sti locali attivi nell’Ottocento»

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In mostra Una sala del Museo di scienze naturali, nei Musei civici di Domodossol­a a Palazzo San Francesco

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