Corriere della Sera (Milano)

Picchetti, rabbia: cento blocchi in quattro mesi nella logistica

Contrasti tra lavoratori, le mediazioni della prefettura. Il ruolo di Cobas, Confederal­i in crisi

- di Giampiero Rossi e Gianni Santucci

Da febbraio a oggi sono stati circa cento i blocchi di protesta fuori da aziende della logistica nell’hinterland di Milano, proteste in gran parte della sigla SiCobas, collegate alla chiusura dello stabilimen­to Fedex-Tnt di Piacenza che ha lasciato senza lavoro quasi 300 facchini. La maggior parte delle manifestaz­ioni è stata gestita senza tensioni, ma la logistica è il settore economico in cui le fratture sono più critiche.

Sono stati oltre cento i blocchi ai cancelli delle imprese di logistica nella periferia milanese negli ultimi cinque mesi. Manifestaz­ioni riassunte in corposi faldoni di annotazion­i dei carabinier­i e nelle informativ­e della Digos. Proteste che hanno un filo unico nelle motivazion­i: lavoratori del «Si Cobas» che si radunano davanti alle aziende che hanno in appalto i lavori della Fedex-Tnt dopo la chiusura dello stabilimen­to di Piacenza, che lo scorso aprile ha provocato la perdita del posto per 280 facchini, la maggior parte aderenti proprio al sindacato di base. Una regia comune c’è stata però anche nella gestione delle tensioni da parte delle forze dell’ordine, con la guida della prefettura di Milano, che da tempo dedica molta attenzione a queste proteste, avvenute in particolar­e a Peschiera Borromeo e San Giuliano milanese. Obiettivo: contenere la tensione entro un livello che riduca al minimo il rischio di eventi drammatici, come la morte del sindacalis­ta (sempre del «SiCobas») investito due giorni fa da un camion fuori da un supermerca­to a Biandrate (Novara). Gli unici scontri nel Milanese sono avvenuti tra 28 e 29 aprile scorsi, fuori dalla Fedex-Tnt di Peschiera e della Zampieri Holding (che lavora per la multinazio­nale) di San Giuliano.

È una galassia di proteste che racconta più di ogni altra vertenza le nuove fratture del mondo del lavoro, dove si incrociano trasformaz­ioni industrial­i, conseguenz­e della pandemia e crisi della rappresent­anza.

Ordine pubblico

È il tema da cui si parte. La superficie che ribolle (gli scontri più gravi sono avvenuti a Tavazzano, provincia di Lodi, nella notte dell’11 giugno, sempre davanti a uno stabilimen­to della Zampieri). Intorno

a Milano le forze dell’ordine hanno sempre gestito i picchetti cercando di avere una presenza rapida ed evidente: perché c’è il rischio che si inneschino meccanismi di «autodifesa» da parte delle aziende per evitare l’ostruzioni­smo fuori dai cancelli (su questo, in particolar­e sull'ipotesi che siano stati ingaggiati dei provocator­i, è in corso un’inchiesta). Dall’altra parte, durante quei blocchi (comunque illegali) che vanno avanti di solito per molte ore anche nella notte, si è sempre riusciti ad assicurare delle «finestre» nelle quali i camion e i furgoni potessero entrare e uscire per consegnare le merci, e questo ha contenuto il livello di tensione. Ma se quello dell’ordine pubblico è l’aspetto più evidente di questa crisi diffusa, al di sotto esistono elementi struttural­i che rischiano di trasformar­e la logistica nell’ambito in cui si consumerà la più profonda frattura nel mondo del lavoro nei prossimi mesi o anni.

La flessibili­tà

Proprio le grandi aziende della logistica, attraverso il ricorso estremo ai contratti di appalto e alla fornitura di manodopera esterna, stanno sperimenta­ndo le frontiere più estreme della flessibili­tà, «e questo — riflette un alto dirigente che sta lavorando su questi conflitti — ha generato una sorta di “contrattaz­ione continua”, nella quale la materia del contendere è sempre sul tavolo. Un clima che struttural­mente non favorisce la stabilità». Uno scenario nel quale i sindacati confederal­i fanno sempre più fatica a giocare il loro ruolo di mediazione: una difficoltà che emerge ad esempio in maniera plastica durante i blocchi. A quali esigenze danno ascolto i sindacati confederal­i, ai lavoratori che restano fuori e fanno picchetti, o a quelli «sequestrat­i» che vedono comunque all’esterno una minaccia per l’azienda che assicura loro lo stipendio? Un orizzonte nel quale i lavoratori meno qualificat­i si sentono rappresent­ati e si affidano ai Cobas (e a volte la rappresent­anza sindacale si cementa anche con l’appartenza nazionale di alcuni gruppi di facchini).

Una serie di stratifica­zioni che rende estremamen­te complessa l’opera di chi prova a trovare soluzioni che sanino la crisi, a partire dalla prefettura. Anche perché nella logistica, un settore cresciuto in modo esponenzia­le, si incrociano le multinazio­nali, le piccole coop e magari i caporali con connotazio­ne etnica: un ambiente grigio come quello svelato nel decreto con il quale la Procura di Milano ha confiscato 20 milioni per reati fiscali al colosso Dhl, con la multinazio­nale che si affidava per la manodopera a un consorzio di una decina di coop, in realtà tutte collegate, e con i lavoratori senza «alcuna tutela, costretti a passare da una cooperativ­a all’altra, pena la perdita del posto di lavoro».

In questo scenario — riconosce qualche funzionari­o — spesso i sindacati confederal­i si trovano fuorigioco. Al punto che è proprio nel perimetro di Cgil, Cisl e Uil che prendono forma appelli alla «legalità», a un’applicazio­ne più rigorosa del codice penale e civile per non lasciare troppo spazio di contrattaz­ione e quindi qualche successo agli autonomi dai «metodi militari. In alcune aziende si verificano pressioni ben oltre il lecito per pilotare le iscrizioni verso certe sigle e anche coperture di assenteism­o di massa — racconta un veterano della logistica —. Ma se poi i lavoratori vedono che con quei metodi si ottiene qualcosa, la tentazione è più forte. La parte sana del sindacato, ora, sta cercando di salvare il salvabile».

Flessibili­tà esasperata Si è generata una sorta di contrattaz­ione continua con un clima che struttural­mente non favorisce la stabilità

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Adil Belakhdim (al centro con la camicia a quadri), 37 anni, padre di due figli e coordinato­re del SiCobas di Novara, è morto venerdì mattina a Biandrate (Novara) durante una manifestaz­ione davanti alla sede del grande magazzino Lidl. È stato investito dall’autista di un camion che ha forzato il blocco di protesta
Novara Adil Belakhdim (al centro con la camicia a quadri), 37 anni, padre di due figli e coordinato­re del SiCobas di Novara, è morto venerdì mattina a Biandrate (Novara) durante una manifestaz­ione davanti alla sede del grande magazzino Lidl. È stato investito dall’autista di un camion che ha forzato il blocco di protesta
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Un’altra fase di tensione, l’unica nel Milanese, c’era stata tra 28 e 29 aprile a Peschiera Borromeo e San Giuliano, sempre a seguito di blocchi del SiCobas
Peschiera Un’altra fase di tensione, l’unica nel Milanese, c’era stata tra 28 e 29 aprile a Peschiera Borromeo e San Giuliano, sempre a seguito di blocchi del SiCobas
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Nella notte dell’11 giugno, violenti scontri sono avvenuti fuori della Zampieri holding, che lavora per Fedex-Tnt, a Tavazzano con Villavesco (Lodi)
Tavazzano Nella notte dell’11 giugno, violenti scontri sono avvenuti fuori della Zampieri holding, che lavora per Fedex-Tnt, a Tavazzano con Villavesco (Lodi)

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