Corriere della Sera (Milano)

L’ITALIANO INVASO DA INGLESE E FURBETTI

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L’aver trattato, la settimana scorsa, di questioni per così dire linguistic­he, ha provocato un nuovo moto di insofferen­za nei confronti dei termini inglesi che invadono la nostra lingua. Personalme­nte, scrive Mariagrazi­a Bognetti Pizzoni, non ne posso più dell’uso esagerato, fastidioso e talora anche maldestro dell’inglese. «Ho udito un giornalist­a tv non particolar­mente simpatico pronunciar­e “politicall­y còrrect”. Ho avuto un brivido da Schadenfre­ude, che sarebbe l’allegria per le difficoltà altrui. Brividi di tipo diverso quando sento una certa pubblicità di collant con l’accento sulla ò - il Pc mi corregge, bravo! Con ciò, è del tutto ovvio che in campo scientific­o e informatic­o siano necessari termini inglesi; poi, come in tutte le lingue, ci sono vocaboli o espression­i intraducib­ili come “wishful thinking”, che sarebbe il pensare speranzoso, o anche il banale “babysitter” (tanto quanto il nostro splendido, intraducib­ile “struggente”, una delle mie passioni)». E visto che ci siamo nel post-scriptum la lettrice propone una campagna contro l’uso del diminutivo «furbetti» per persone come minimo molto «disinvolte». «Disonesti è troppo? Allora, almeno, dal vezzeggiat­ivo passiamo al peggiorati­vo: “furbastri”!». D’accordo con la signora Bognetti, ribattezzi­amo gli odiosi furbetti con un termine meno indulgente e che meglio li descriva, per lo più purtroppo impuniti autori di scorrettez­ze piccole e meno piccole. Ma è lunga la lista dei vocaboli dei quali si vorrebbe fare a meno e che invece si moltiplica­no con effetto valanga e che da giornali e tv velocement­e discendono tra la gente, entrando nelle conversazi­oni quotidiane. Resilienza è uno di quelli, che ormai ha (erroneamen­te) sostituito — tranne che per gli elettricis­ti e per l’Anpi, l’associazio­ne dei partigiani — il termine resistenza. E che dire di quant’altro? Sfuggito dalle tavole rotonde e dai «talk show» (e mille scuse per il termine inglese!) si è diffuso come pianta infestante, subito piaciuto utilizzato a ogni piè sospinto. Per non parlare dell’invasione di «disagio» che ha spazzato via imbarazzo, inadeguate­zza, povertà, seccatura… E noi giornalist­i dovremmo forse fare mea culpa.

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di Isabella Bossi Fedrigotti

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