«Ora i manager arrivano in hotel con la famiglia»
La gente nella hall. La colonna di taxi fuori. C’è gente al Mandarin Hotel. Scene per certi versi di altri tempi. Il portafoglio pieno e il pass vaccinale nel taschino tornano a muovere un pubblico più senior. Luca Finardi è il general manager del Mandarin di Milano.
È la svolta buona?
«A giugno siamo saliti al 55 per cento di presenze, siamo moderatamente soddisfatti anche perché stiamo lavorando con buone tariffe».
Quando avete riaperto?
«In realtà non abbiamo mai chiuso, tranne durante il tragico marzo-aprile dell’anno scorso. Abbiamo sempre cercato di tenere duro. Volevamo essere un punto di riferimento per la città. Un servizio, oltre che un segnale. Ma ci sono stati mesi durissimi, penso a novembre scorso, a gennaio».
Quando avete visto girare la ruota?
«I primi movimenti si sono visti dal 4 maggio con le prime riaperture anche dei ristoranti».
È cambiato qualcosa rispetto alle tendenze del 2020?
«Si è allungato il soggiorno medio: la pandemia ha trasformato il modo di lavorare per molti. Imprenditori che hanno una maggiore predisposizione a fare affari fuori ufficio, ma anche lontano da casa. Ci sono ospiti stranieri che si muovono per lavoro, ma con la famiglia al seguito per restare qualche giorno in più vivendo la città. Abbinano due cose. Un buon segnale».
Chi sono i vostri clienti adesso?
«Sta ripartendo il turismo business: arrivano per lavoro, soprattutto nel settore della moda, della finanza e del design. In questo senso stiamo recuperando antiche abitudini».
Da che Paesi arrivano?
«Germania, Svizzera, Olanda, Belgio, Nord Europa, Russia. Manca completamente il mercato americano e quello asiatico».
Che prospettive avete?
«Purtroppo non mi aspetto che la situazione migliori sul fronte asiatico prima della primavera 2022. Sono chiusi con regole molto stringenti di quarantena sui rientri. Sul versante americano invece bisogna lavorare. Servono regole chiare: in Spagna e Grecia stanno andando con grandi numeri».
Quando si riuscirà a pesare la ripartenza? «Ovviamente da settembre in poi, ma senza sottovalutare l’estate. In particolare agosto, per tradizione ha sempre avuto buoni flussi dal Medioriente, anche in funzione dei saldi. I numeri del 2019 restano un’utopia, ma Milano già ora tiene meglio delle città d’arte».
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C’è chi unisce il viaggio per lavoro a quello di relax