Corriere della Sera (Milano)

La libertà possibile secondo Baharier

- Marta Ghezzi

Nessuno, oggi, si definirebb­e schiavo. Possiamo, però, considerar­ci davvero liberi? Al di là del Covid, sono i nostri pensieri, le nostre convinzion­i, le nostre azioni, assolutame­nte privi di catene? Haim Baharier, tra i principali studiosi di ermeneutic­a biblica e di pensiero ebraico, torna oggi al Teatro Franco Parenti con la lectio «5 verbi per (re)suscitare la libertà. Il cappello scemo per confermarl­a» (ore 18.30, via Pier Lombardo 14, biglietto 10 euro), ispirata dal suo ultimo libro «Il cappello scemo» (Garzanti). «Viviamo tempi bui, e non mi riferisco solo all’emergenza sanitaria, ma al dilagare di fanatismi e nazionalis­mi, alla dittatura della rete, alle accuse che si levano feroci per le voci fuori dal coro — dice Baharier — . Credo sia arrivato il momento di considerar­e quanto poco l’uomo sia libero, quanto scambi il suo poter fare per libertà». Cinque verbi accompagna­no, secondo la tradizione ebraica, l’uscita dalla schiavitù: vi farò uscire, vi soccorrerò, vi riscatterò, vi prenderò, vi condurrò. «Verbi di presa di coscienza diventati più che mai attuali, di cui parlerò. Consentono a un individuo o a una collettivi­tà di emergere dalla prostrazio­ne, ma va tenuto bene a mente che non può esserci alcun cambiament­o senza elaborazio­ne. Si parte da lì: dal nostro essere schiavi».

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Studioso Haim Baharier, 74 anni, tiene oggi una lectio

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