La kermesse
Un weekend a ottantotto tasti Tutti i live (gratuiti) di Piano City da Cacciapaglia alle Labèque
Dagli esordi come pioniere della musica cosmica al trionfo di «Tree of life», colonna sonora di Expo 2015, passando per le sperimentazioni elettroniche, la new-wave, i concept album, la collaborazione con la Royal Philarmonic Orchestra, i sold out nelle più famose sale mondiali come la Carnegie Hall di New York, Roberto Cacciapaglia ha portato alla luce le profonde implicazioni spirituali della musica. Il compositore milanese, classe ‘53, è uno dei più attesi protagonisti di PianoCity Milano, dove domani, alle 18, eseguirà musiche pescate dal suo repertorio di ben 18 album pubblicati in quasi mezzo secolo di carriera e dialogherà col pubblico in un incontro condotto da Enzo Gentile nel Cortile d’Onore dell’Università degli Studi.
«Sarà un percorso che parte da “Sonanze”,— spiega — il primo lp quadrifonico pubblicato in Italia (nel 1975), quando il mio interesse per la musica cosmica tedesca mi fece entrare in contatto con gruppi come i Popol Vuh proprio all’Università Statale, fino a “Diapason”, album ispirato allo strumento che serve per accordare, ossia la sorgente del suono. Il filo conduttore è quello di riportare alla luce una zona d’ombra inesplorata, quel luogo simbolico, il quarto tempo, dove si cela la poesia della musica, che può insegnarci a riscoprire noi stessi e il mondo. Sarà come un rito collettivo multisensoriale che fa vibrare insieme un pubblico formato da corpi sonori». Le sperimentazioni fonologiche di Cacciapaglia sono confluite nel 1972 anche in uno dei primi album di musica elettronica dell’amico Franco Battiato, «Pollution». «Io sono partito da questo genere, che io definisco musica pura. Non è né classica, né elettronica. Il suono ha la grandiosità di lasciare liberi, non dà indicazioni, è arte non fine a se stessa. Un concetto che ho condiviso fin da ragazzo con Battiato, un artista e amico con cui ho scoperto la Milano by night. Abbiamo passato la vita insieme, l’ho conosciuto quando avevo 16 anni, quando per arrotondare suonavo l’organo nelle discoteche, mentre lui si stava interessando all’elettronica, con “Fetus”, e iniziai a collaborare con lui nel tour per “Pollution”. Abbiamo fatto molti viaggi insieme e siamo entrati in scuole di pensiero in giro del mondo. La sua morte è stata una grande perdita per la cultura italiana».
Per Cacciapaglia, le note emesse dal suo piano hanno un potere taumaturgico. «Per me il piano è uno specchio dove si ascolta la propria immagine a occhi chiusi. Parto sempre dal silenzio, dalla respirazione, con un approccio yoga, mindfulness. Il suono ha una forza straordinaria ancora sconosciuta, e le neuroscienze, la fisica quantistica, vengono sempre più integrate con l’opera del compositore. Per questo con la musica ho un approccio emozionale, come quando ho composto le musiche per l’Albero della vita di Expo. La mia “Antarctica” è stata adottata da una spedizione nel Polo Sud, dove c’erano scienziati provenienti da ogni parte del mondo. Sono stati accompagnati dalle mie note per sei mesi nel buio, anche a 80 gradi sotto zero». Grazie a questo potere, la musica avrebbe stimolato la riflessione durante il lockdown. «Questo stop non volontario ha stimolato una riflessione a livello planetario, e il linguaggio universale della musica ha creato una tensione verso una sorgente comune. Il suono ha messo in relazione uno stato interiore con un atto di condivisione sociale».