Zenale a Brera Ritorno a casa
La Cantoria fu dipinta per la chiesa degli Umiliati distrutta nell’Ottocento per far posto alla Pinacoteca
Un’eccezionale donazione riporta «a casa» la Cantoria dipinta nel Cinquecento da Bernardo Zenale per decorare l’organo della chiesa di Santa Maria di Brera.
Cinque tavole cinquecentesche con Angeli cantori e musici di Bernardo Zenale, che ornavano la cantoria dell’organo di Santa Maria di Brera sono tornate a Brera nelle sale napoleoniche costruite nel 1808 proprio dove si trovava la chiesa, demolita per far posto alla pinacoteca. Tornano grazie alla donazione di Antonella e Guglielmo Castelbarco in ricordo della madre, Luisa Sormani Andreani Verri, presso la cui famiglia le tavole erano presenti almeno dal 1831. Le opere, che resteranno nella collezione della Pinacoteca, saranno visitabili dal 6 luglio in sala 10 accanto alla Madonna del tappeto (1485) e al Martirio
di san Sebastiano (1488 ca.) affrescati da Vincenzo Foppa e alla Pala Busti (1515 ca.) dello stesso Zenale. Intanto, dal 24 giugno sarà possibile conoscere la loro storia sulla piattaforma BreraPlus+ nel documentario «Rondò. Il ritorno della Cantoria di Zenale a Brera».
Tra il 1499 e il 1502 il pittore leonardesco Bernardo Zenale, figura centrale nelle committenze dell’epoca, dipinse sette tavole per il parapetto dell’organo di Santa Maria di Brera (casa dell’ordine degli Umiliati) costruito da Domenico Baldi da Lucca e posto alla sinistra verso il presbiterio. Per avere un’idea di questo lavoro possiamo osservare oggi la cantoria della chiesa dell’Incoronata a Lodi. Nel 1571, quando l’ordine degli Umiliati fu soppresso, l’organo fu smontato e venduto ai frati di San Francesco Grande insieme alle ante attribuite a Bramantino. Dopo il crollo di parte della chiesa, nel 1668 l’insieme fu smembrato. Delle ante si persero le tracce, mentre gli Angeli cantori e musici, creduti di Leonardo, furono registrati nel 1738 nell’inventario della collezione dell’abate olivetano Gian Matteo Pertusati, la cui raccolta di libri di famiglia costituì il primo nucleo della Biblioteca Braidense. Il numero uno del governo teresiano di Vienna, principe Kaunitz-Rietberg, pensò di acquistare le cinque tavole superstiti della cantoria ma fu sconsigliato dal pittore Martin Knoller a causa dell’attribuzione incerta o, forse, di quegli angioletti che sembrano eroti pagani. Passarono dai Pertusati ad Antonio Maria Greppi, protagonista di una delle più importanti famiglie di diplomatici, banchieri e uomini d’affari dell’Illuminismo lombardo e quindi alla famiglia Andreani. Nel 1831 un documento
attesta la loro presenza nella collezione della famiglia Sormani Andreani, che li ospitò dapprima nel palazzo milanese diventato poi biblioteca civica. Da lì finirono nella villa di Lurago d’Erba e, come ricorda con simpatia Guglielmo Castelbarco, in un caveau: «Al loro posto avevamo realizzato delle copie fotografiche. Solo in occasioni particolari rimontavamo all’interno delle cornici i cinque originali». La madre, in tipico stile mecenatismo ambrosiano, lasciò detto ai figli di donarle alla collettività perché tutti potessero vederle e ora, come dice il direttore di Brera, James Bradburne, sono «al museo, che è la casa di tutti i cittadini milanesi e del mondo».
Le tavole si erano viste tre volte: nella mostra su Leonardo del 1939, in quella del 1982 al Poldi Pezzoli e nel 2014 a Brera nell’esposizione Bramante e gli artisti lombardi.
Sono state ripulite, le cornici sono nuove, poste alla stessa altezza di dov’erano a Palazzo Sormani. Ci sarà un catalogo curato da Cristina Quattrini con un intervento di Alessandro Morandotti, che ha fatto da tramite con la famiglia.
Le tavole, essendo nel museo, si potranno vedere solo su prenotazione, modalità d’ingresso «che rimarrà obbligatoria anche dopo la pandemia», ha detto il direttore. Anche per evitare pullman in Brera, «che sono come le navi a Venezia». A parte il paragone, non si ricordano code di turisti in via Brera per entrare in pinacoteca. Inoltre, poter visitare senza prenotare non è una «fruizione selvatica» bensì urbana, così come potersi recare in una biblioteca statale e consultare un libro senza aver prenotato settimane prima l’orario, la sala e massimo due libri. Più dei pullman preoccupano le scelte del Ministero, che ha consentito lo smart working ai custodi, l’eterno guardarsi in cagnesco tra le istituzioni presenti e, soprattutto, le cosiddette «tutele» sindacali moltiplicatesi con il Covid, che scoraggiano visitatori e lettori: derivano da ciò il «numero contingentato»?
Mecenati
Le cinque preziose tavole donate al museo dagli eredi della famiglia Sormani Andreani Verri