Da Rasia a De Albertis flop del casting civico Bruciati oltre 20 nomi
Un anno di tentativi, tra rifiuti e gelidi silenzi dei leader
L’estate scorsa il sogno era il rettore: il numero uno del Politecnico Ferruccio Resta o Gianluca Vago, ex della Statale. Una ventina (abbondante) di possibili candidati dopo, siamo al punto di partenza: a quattro mesi dal voto il centrodestra non ha ancora l’aspirante sindaco da opporre a Beppe Sala. «Settimana prossima chiuderemo la partita», è stata la frase ripetuta in loop da Matteo Salvini nel corso delle settimane. I rettori sono stati la prima suggestione. «No, grazie», la cortese ma ferma risposta arrivata da entrambi. «Ci vuole comunque un profilo civico, niente politici», l’input mai rinnegato del segretario leghista, una direttiva servita se non altro ad azzerare le possibili velleità di promozione dei tanti colonnelli. Un profilo civico, dunque. Già, ma trovarlo. E così nel corso delle settimane si sono affacciati sulla soglia della nomination l’ex prefetto Alessandro Marangoni e il chirurgo Paolo Veronesi, figlio di Umberto. Il primo ha risposto (anche lui) «no, grazie», mentre col secondo è stata sperimentata per la prima volta la strategia del silenzio. Ovvero, lasciare in sospeso la candidatura, senza bocciarla né abbracciarla. E così alla fine l’ipotesi di Paolo Veronesi è sfumata, implosa. Sono seguiti gli imprenditori Sergio Dompé e Carlo Capasa e poi Marco Giachetti, presidente della Fondazione Policlinico, e Mario Resca, ex ad di McDonald’s Italia. Tra i nomi circolati, anche quelli del medico di Berlusconi Alberto Zangrillo e di Enrico Pazzali di Fondazione Fiera. A un certo punto gli alleati di Forza Italia hanno persino provato ad avviare una specie di ricerca «parallela». Dal casting azzurro sono così usciti Simone Crolla, della Camera di commercio Usa in Italia, l’avvocato Luigi Santa Maria e Federica Olivares, docente della Cattolica dal lunghissimo curriculum. C’è stata infine la suggestione Riccardo Ruggiero, ex «capo» di Sala in Telecom, incontrato anche dai vertici di Fratelli d’Itala. Altro nome sponsorizzato dal partito di Meloni è stato quello del professore bocconiano Maurizio Dallocchio, profilo però mai preso davvero in considerazione dai vertici leghisti, depositari a Milano della parola decisiva.
Solo due profili sono stati davvero a un passo dalla candidatura. Il primo in ordine di tempo è stato Roberto Rasia Dal Polo, manager e comunicatore del gruppo Pellegrini, proposto dopo lunga selezione dai luogotenenti salviniani al tavolo della coalizione. Ma attraverso la collaudata strategia del silenzio anche il suo nome alla fine è stato garbatamente accantonato. Discorso radicalmente diverso per Gabriele Albertini, nome acclamato a furor di popolo per un possibile remake di un centrodestra vincente a Milano. Dopo un lungo tira e molla, il già due volte sindaco ha però rinunciato «per ragioni di famiglia». In molti però assicurano che il passo indietro si debba, almeno in una certa misura, alla freddezza registrata dalle parti di Arcore (e non solo). L’unico candidato politico in campo è tuttora Maurizio Lupi, accreditato di ottimi sondaggi, ma anche l’unico al quale Albertini rifiuterebbe ogni tipo di collaborazione e sostegno.
Rimane l’ultima raffica di nomi. Oscar di Montigny è un’altra proposta nata in ambienti leghisti (Giancarlo Giorgetti) e benedetta da Albertini. Salvini fa in tempo a convincersi che di nuovo scatta il «silenzio». Alla fine, il genero di Ennio Doris capisce che non è aria, ringrazia e saluta. E ora? In lizza ci sono ancora Fabio Minoli, direttore relazioni esterne Bayer, e Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia, finita però indagata per aver aperto un profilo fasullo per screditare uno suo rivale nella corsa alla presidenza nazionale dell’associazione. Un altro nome uscito nelle scorse settimane è stato quello di Gian Vincenzo Zuccotti, numero uno di Medicina in Statale. Ipotesi subito tramontata per manifesta indisponibilità del diretto interessato. L’ultimissima tentazione portava a Regina De Albertis, rampolla di una dinastia di costruttori. «Il mio impegno è concentrato in azienda e nel mondo associativo», ha detto ieri. «No, grazie», insomma. Ancora una volta.