L’ondata estiva del popolo dei clochard allo stremo
Secondo un censimento i clochard sono 2.600 Un’onda di disagio dal centro alla periferia Gli operatori: temiamo lo sblocco degli sfratti
Inumeri sembrano più o meno gli stessi rilevati dal censimento di tre anni fa: circa 2.600 persone senza dimora che abitano gli interstizi di Milano. Ma nella seconda estate dell’era Covid gli operatori raccontano di un popolo clochard allo stremo.
Il tempo non è mai tutto uguale. Per nessuno. Per chi ha una casa, e nell’ultimo anno e mezzo l’ha abitata e vissuta molto di più, e per chi invece non ce l’ha e vive a tempo pieno per strada. E anche adesso che è arrivata la seconda estate ai tempi del Covid la vita tra i giacigli di cartone è pesantemente condizionata dalla pandemia e da come si riorganizza l’umanità che ha qualcosa da difendere oltre alla vita stessa.
«Sono stanchi, hanno sofferto tanto in questi mesi», raccontano gli operatori e i volontari delle Unità di strada del Gruppo Arca che ogni notte si muovono in una zona diversa per portare cibo, materiale per l’igiene personale, vaccini e parole di umanità alle persone senza fissa dimora che abitano gli interstizi della città. Qualcosa è cambiato, in effetti, anche nel mondo dei senzatetto. Mesi vissuti faticosamente con le mense e i servizi chiusi, poca gente in giro e quindi poche occasioni per raccogliere qualche moneta o qualche altro conforto, saracinesche abbassate ai bar e alle pizzerie che di solito offrivano qualcosa, clima teso e indurito. Un’onda di disagio, sofferenza e rabbia che si irradia lungo la piramide sociale e coinvolge (o travolge) gli ultimi. Qualcuno, tra i volontari che frequentano il popolo senza casa, assicura di cogliere più tensione e di aver notato qualche rissa in più. I numeri non dovrebbero essere cambiati. Tre anni fa un censimento aveva indicato una popolazione composta da circa 2.600 persone e, anche se in estate sembrano di più perché sono più visibili nelle strade vuote dei fine settimana, quel numero sembra ancora plausibile. Ma tra gli operatori c’è il timore che «quando cadrà il blocco degli sfratti ci ritroveremo con nuove persone costrette a vivere per la strada».
Quando arriva il momento di registrare la puntata di «Radio Piazzetta», l’emittente web che la Caritas ha dedicato ai senza dimora, si parla d’altro. Almeno un momento per ascoltare musica e occupare la mente con pensieri diversi dalla fatica della sopravvivenza, spiegano gli operatori. Ma prima e dopo la vita è quella lì, fatta di code per mangiare, code per lavarsi, code per avere dei vestiti, di ore da riempire sotto il sole o sotto la pioggia, di sguardi diffidenti, indifferenti, pietosi o inorriditi dei passanti, di pensieri che galleggiano, di bisogni che a volte faticano persino a trovare un nome, perché persino dimenticati e sprofondati in un oblio difensivo.
«La vita dei clochard è complicata, non è vero che non fanno niente — spiega il responsabile del servizio docce della Caritas, Gigi Saracino — per ogni bisogno devono camminare e attendere. E nei mesi in cui c’è stata la chiusura totale o parziale delle attività, per loro l’isolamento è persino aumentato».