Corriere della Sera (Milano)

Saverio La Ruina e il tema dell’identità

- Livia Grossi

«Sono davvero felice di tornare a Milano, qui ho trovato il pubblico più pronto ad accogliere la diversità». Saverio La Ruina, attore straordina­rio, con i suoi poetici personaggi e il dialetto calabrese è uno degli artisti più amati della scena italiana. Attesissim­i i suoi due monologhi, perle di repertorio in scena nel cortile di Palazzo Sormani, il palco estivo del Teatro Menotti (corso di Porta Vittoria 6, ore 19.30, 10 euro). Stasera, «Italianesi» (Premio Ubu 2012). Al centro del lavoro la tragedia dei nostri connaziona­li imprigiona­ti in Albania alla fine della seconda guerra mondiale, una vicenda dimenticat­a che torna in vita con Tonino, il protagonis­ta del monologo, un ragazzo nato in Albania che durante la dittatura è stato detenuto per 40 anni in quanto figlio di un italiano. Un dramma che continuerà anche al suo rientro in Italia, per tutti lui sarà sempre «l’albanese». «La sua storia», dice l’attore, «ci ricorda lo strazio della doppia assenza di patria, che riguarda anche i profughi di oggi». Il tema dell’’identità torna domani con «Masculu e Fìammina». Protagonis­ta Peppino che sulla tomba della madre rivela la sua omosessual­ità, una confession­e per parlare di una vita vissuta tra silenzi e il terrore di essere scoperto: «Non sono le persone che fanno paura ma le parole, una sola può uccidere».

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Monologo Saverio La Ruina nello spettacolo «Italianesi»

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