Palazzo Reale cala subito l’asso con la grande mostra di Monet: 53 opere e un allestimento raffinato
Un video-stagno «immersivo» accoglie il pubblico a Palazzo Reale per la grande mostra di Monet con le opere del Museo Marmottan Dalla luce magica degli esordi ai colori sgargianti dell’ultima fase
Alla ripresa autunnale delle grandi mostre cittadine, Palazzo Reale gioca subito l’asso e apre la stagione con Claude Monet, il più popolare degli Impressionisti. Eppure, quella che si annunciava come l’ennesima mostra «senza azzardo», confezionata con nomi di sicuro richiamo per il pubblico, una tipologia in cui si sta rifugiando la maggior parte degli spazi espositivi italiani ed esteri per non correre rischi, alla fine si rivela un appuntamento più sostanzioso del previsto. Per due motivi: l’allestimento e la connessione alla storia di Palazzo Reale.
Intitolata semplicemente «Monet», la mostra raccoglie 53 opere del pittore francese (1840-1926), più alcune opere dei contemporanei, in un percorso très chic, tutto giocato su tenui tonalità celesti e lilla, musica di sottofondo e persino i suoni del giardino della casa di Giverny dove l’artista dipingeva le ninfee. Tutto è insomma molto raffinato e lo è persino l’ingresso alla mostra dove l’ormai irrinunciabile video «immersivo», in questo caso in uno stagno di fiori, riesce a evitare il consueto cattivo gusto con un effetto magico. Subito dopo il visitatore approda in una stanza con mobili del periodo napoleonico che arredavano Palazzo Reale prima delle dispersioni sia sul mercato che nelle sedi di rappresentanza statali di tutta Italia. Ebbene, proprio in questi mobili sta il legame stretto che trasforma la mostra da evento d’occasione a occasione di studio.
Tutti i quadri esposti provengono infatti dal Musée Marmottan di Parigi, un edificio donato con la collezione (poi ampliata dal lascito del figlio di Monet, Michel) da Paul Mormottan, appassionato studioso del primo Impero. Nel corso delle sue ricerche legate alle residenze imperiali, Marmottan venne anche a Milano e nell’archivio di Stato copiò un inventario del 1811 degli arredi di Palazzo Reale. «Quella trascrizione è l’unica rimasta dopo il bombardamento dell’Archivio e ne ignoravamo l’esistenza», spiega Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale. «Noi abbiamo un inventario precedente del 1805, non altrettanto completo. Questa scoperta ci consentirà di procedere con più certezze alla ricostruzione del museo del Palazzo Reale cui lavoriamo da anni».
Tale filo rosso che unisce Parigi a Milano attraverso Napoleone rende dunque la visita alla mostra più intrigante. Suddivisa in 7 sezioni e curata da Marianne Mathieu, direttrice scientifica del museo parigino, l’esposizione introduce al fondamentale tema della luce attraverso sintetiche tappe cronologiche, dagli esordi fino agli anni in cui la cataratta alterò completamente la vista di Monet, come si vede dall’ultima sala dove il giardino di Giverny è restituito con sorprendenti tinte sgargianti. «Ma non possiamo dire che la pittura di Monet non sia più la sua a causa della malattia agli occhi», precisa la curatrice a coloro che si stupiscono davanti a quegli inaspettati colori accesi. Anche nel rosso e nel giallo c’è Monet.