Ciclisti, club e officine: il nuovo censimento a due ruote di Ciclopolis
La sfida collettiva per gestire il boom delle bici
entusiasmi, timori. Nell’anno del boom mondiale della bicicletta, un’iniziativa pubblica mette a confronto i sentimenti contrastanti dei milanesi e dei candidati sindaci rispetto uno dei temi caldi della campagna elettorale: l’ambiente e la prospettiva di una svolta più coraggiosa della città verso la mobilità dolce. In meno di tre mesi è nato un coordinamento che si allarga a macchia d’olio e si è dato il nome di Ciclopolis: comprende 60 organizzazioni ciclistiche molto attive a Milano tra associazioni, club, comitati, esercenti, ciclofficine, bike cafè, studenti, docenti e social street con sensibilità particolare sul tema. Un gruppo del Politecnico in particolare, supervisionato dal professor Alessandro Balducci e dal cTc — Cycling Territories Laboratory del dipartimento di Architettura-studi urbani, ha elaborato una mappatura dei punti nevralgici sul territorio sotto il profilo della cultura ciclistica. Una sorta di censimento. Sono stati individuati 74 «centri di gravità», per un totale di 700 soci, 421 addetti e 21,6 milioni di giro d’affari, concentrati per lo più nei quartieri a Nord della città.
Il gruppo insieme ad AssoBici, associazione dei negozi di biciclette, ha selezionato poi una serie di proposte concrete per favorire l’uso delle bici in sicurezza (campagne di sensibilizzazione nelle scuole ai punti di riparazione fai da te pubblici). Sono state formulate infine domande che verranno poste ai candidati sindaco: lunedì alle 11 è in programma l’incontro con Beppe Sala, giovedì alla stessa ora con gli sfidanti. Quali strozzature culturali e strutturali frenano il cambiamento e come si pongono i candidati a riguardo? «Il nostro obiettivo è trasformare un dibattito troppo spesso ideologico in un confronto su dati e progetti concreti su misura per Milano — dice Mattia Bonato, presidente di Assobici —. Per raggiungere le capitali europee delle due ruote serve un colpo di reni, non escludendo eventualmente sponsor che possano sostenere le iniziative». Città come Londra o Parigi, con i percorsi protetti per bici e monopattini che nascono una dopo l’altra e il coraggioso rallentamento (30 all’ora come limite di velocità) della sindaca Anne Hidalgo, attuano politiche green che le avvicinano alle capitali della ciclabilità urbana del Nord Europa. E Milano?