LA MILANO DA BERE È MENO OTTIMISTA
Il lettore Paolo Curtò, che evidentemente non ha l’età per ricordarselo, vorrebbe sapere com’era la «Milano da bere» di cui sente spesso parlare. «In cosa era diversa dalla Milano di oggi? E come mai quell’espressione ha sempre una sfumatura spregiativa, o anche più di una sfumatura, quasi una specie di marchio infamante? Sono un milanese di adozione e vorrei conoscere meglio la mia città, ragione per la quale ho anche incominciato a leggere abbastanza regolarmente il Corriere». Prima di tutto, gentile concittadino Curtò, l’espressione che suscita la sua curiosità fu inventata negli anni 80, per la precisione nell’1987, da una campagna pubblicitaria dell’Amaro Ramazzotti e all’istante ripresa dai giornali per indicare la vivace vita sociale di Milano, la sua modernità, il suo notevole dinamismo, ma anche la sua superficialità, il suo individualismo e financo la sua disonestà. Non molti anni dopo, nel 1992, quest’ultima venne platealmente scoperchiata dalla famosa inchiesta «Mani pulite» che segnò la fine del mito della città da bere. In verità, a prima vista, in questi ultimi tempi si direbbe che Milano stia tornando ai fasti di quegli anni 80 e 90. Come allora e forse ancora di più, ogni sera, la movida porta infatti in strada centinaia se non migliaia di giovani e meno giovani che bevono che festeggiano che spesso esagerano. Conseguenza del Covid e della lunga reclusione, tappo che ora è saltato lasciando libera la voglia di vita sociale e di divertimento? È probabile. Si sente tuttavia che la Milano di oggi è meno fiduciosa nel futuro, meno ottimista di quella da bere di ieri. Ma forse la maggiore differenza tra ora e allora sono le personalità che qui vivevano, qui lavoravano delle quali non è così facile trovare eredi. Tanto per fare soltanto alcuni esempi, ecco Giorgio Strehler, ecco Bruno Munari, ecco Camilla Cederna, ecco Umberto Eco. In un libro di imminente pubblicazione presso l’editore svizzero Casagrande, «Milano fine Novecento», Alberto Saibene racconta com’era la sua (e la nostra) città proprio in quegli anni. E le suggestive foto in bianco e nero di Carla Cerati — c’era anche lei allora! — accompagnano i suoi ricordi e i suoi incontri.