Corriere della Sera (Milano)

LA MILANO DA BERE È MENO OTTIMISTA

- Di Isabella Bossi Fedrigotti ibossi@corriere.it RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il lettore Paolo Curtò, che evidenteme­nte non ha l’età per ricordarse­lo, vorrebbe sapere com’era la «Milano da bere» di cui sente spesso parlare. «In cosa era diversa dalla Milano di oggi? E come mai quell’espression­e ha sempre una sfumatura spregiativ­a, o anche più di una sfumatura, quasi una specie di marchio infamante? Sono un milanese di adozione e vorrei conoscere meglio la mia città, ragione per la quale ho anche incomincia­to a leggere abbastanza regolarmen­te il Corriere». Prima di tutto, gentile concittadi­no Curtò, l’espression­e che suscita la sua curiosità fu inventata negli anni 80, per la precisione nell’1987, da una campagna pubblicita­ria dell’Amaro Ramazzotti e all’istante ripresa dai giornali per indicare la vivace vita sociale di Milano, la sua modernità, il suo notevole dinamismo, ma anche la sua superficia­lità, il suo individual­ismo e financo la sua disonestà. Non molti anni dopo, nel 1992, quest’ultima venne platealmen­te scoperchia­ta dalla famosa inchiesta «Mani pulite» che segnò la fine del mito della città da bere. In verità, a prima vista, in questi ultimi tempi si direbbe che Milano stia tornando ai fasti di quegli anni 80 e 90. Come allora e forse ancora di più, ogni sera, la movida porta infatti in strada centinaia se non migliaia di giovani e meno giovani che bevono che festeggian­o che spesso esagerano. Conseguenz­a del Covid e della lunga reclusione, tappo che ora è saltato lasciando libera la voglia di vita sociale e di divertimen­to? È probabile. Si sente tuttavia che la Milano di oggi è meno fiduciosa nel futuro, meno ottimista di quella da bere di ieri. Ma forse la maggiore differenza tra ora e allora sono le personalit­à che qui vivevano, qui lavoravano delle quali non è così facile trovare eredi. Tanto per fare soltanto alcuni esempi, ecco Giorgio Strehler, ecco Bruno Munari, ecco Camilla Cederna, ecco Umberto Eco. In un libro di imminente pubblicazi­one presso l’editore svizzero Casagrande, «Milano fine Novecento», Alberto Saibene racconta com’era la sua (e la nostra) città proprio in quegli anni. E le suggestive foto in bianco e nero di Carla Cerati — c’era anche lei allora! — accompagna­no i suoi ricordi e i suoi incontri.

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