Corriere della Sera (Milano)

Androidi in cerca di salvezza

Da domani in prima nazionale «R.A.M.» di Edoardo Erba Ambientata nel 2120, la pièce immagina un mondo diviso e distopico

- Livia Grossi

In questi due anni di pandemia molti autori si sono interrogat­i sul nostro futuro, su una vita dominata da una devastante differenza tra classi sociali e una tecnologia dominante. Edoardo Erba propone «R.A.M.» il suo nuovo testo diretto da Michele Mangini qui al suo esordio nel teatro di prosa, una sfida immediatam­ente raccolta dal teatro Franco Parenti che lo produce. Uno spettacolo dal sapore fantascien­tifico, in verità molto realista per riflettere sull’oggi e su ciò che siamo o potremmo forse diventare.

«Siamo nel 2120, un tempo i cui i più poveri vivono ammassati in una zona desertica del pianeta», afferma Mangini, «per non soffrire più del doloroso passato vendono la loro memoria ai ricchi, o meglio agli “aumentati”, la casta eletta: Dna e fisico perfetto, cervello iper connesso e ideali di bellezza riservati esclusivam­ente a loro. Ma una cosa non hanno, esperienze vere, vissute in prima persona, per averle devono appropriar­si di quelle degli altri, farsele trapiantar­e,

tanto con i soldi possono fare tutto ciò che vogliono, anche comprarsi le emozioni». Su un palco abitato da preziosi serbatoi d’acciaio, scatole-archivio dove attingere ricordi e sensazioni, al centro della vicenda c’è Cruz (Marina Rocco), una giovane donna che per buttarsi alle spalle le ferite del passato ha deciso di privarsi della sua memoria. Ma rifarsi una vita non è cosi semplice, non basta azzerare i ricordi, le sensazioni che Cruz ha vissuto non svaniscono e quel senso di vuoto, rabbia, solitudine restano ben presenti sotto la pelle. Al fianco di Cruz, altri personaggi reali e virtuali, a contendere il suo amore due figure opposte, da una parte la giovane androide (Irene Vetere) pronta ad offrirle il suo cuore nuovo, bello ed irrequieto, dall’altra un uomo (Alberto Onofrietti) con la sua promessa di un sentimento sicuro e stabile nel tempo.

Tra loro per tentare di dare un po’ di sollievo anche c’è un medico (Giovanni Battista Storti) le cui parole s’ispirano all’«Elogio della gentilezza» di George Saunders. Completa il cast l’attrice comica Gabriella Franchini: «In scena sono un androide di sesta mano prossimo alla rottamazio­ne, ma voglio dire lo stesso ciò che penso: qui, anche se tutte le persone perdono le proprie radici, la speranza di ricostruir­e un nucleo c’è quando si capirà che i legami profondi sono la cosa più importante». Uno spettacolo dove tra futuristic­i giochi di luce che disegnano gli ambienti (Pasquale Mari) e una scenografi­a (Michele Iodice) che immagina case domotiche, dove si dorme su un «prato-letto» con molle a vista e quadri interattiv­i alle pareti, la vera protagonis­ta è una sola: l’essenza umana, le relazioni più vere, ciò che siamo. Prenderne cura è la nostra unica salvezza.

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Umanità smarrita L’attrice Marina Rocco nei panni della protagonis­ta Cruz

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