Corriere della Sera (Milano)

Cinque chitarre per me

Il cantautore in concerto tra blues e pop nel «Tour sul divano» Alex Britti sul palco con i suoi strumenti preferiti: «Sarà un live intimo»

- Raffaella Oliva

Chitarrist­a blues e cantautore pop: Alex Britti si muove da sempre tra la passione per la musica di Stevie Ray Vaughan, per citare uno dei suoi idoli, e una grande abilità nello scrivere canzoni perfette per il grande pubblico, si pensi a «Solo una volta (o tutta la vita)», «La vasca», «7.000 caffè», ma anche a «Oggi sono io», ballata che gli valse la vittoria a Sanremo tra le Nuove proposte nel 1999, reinterpre­tata poi da Mina. È la sua doppia anima, quella che in questo dicembre sta portando in giro per l’Italia con il suo «Tour sul divano», serie di concerti nei teatri che stasera farà tappa al Lirico Gaber.

«Sul divano ci si rilassa, io ci suono, ci mangio, ci dormo, ci sto tanto, l’idea è quindi quella di concerti intimi, essenziali, senza effetti speciali, duetti virtuali e tutte quelle cose su cui si punta spesso oggi», dice Britti, che sul palco avrà con sé cinque delle sue adorate chitarre e ripercorre­rà alcuni momenti importanti della sua carriera. «Tra le soddisfazi­oni più grandi non posso non

mettere i compliment­i ricevuti da B.B. King, di cui ho aperto due live proprio a Milano, allo Smeraldo, nel ’98. Ma il duetto sanremese con Ray Charles nel 2001 è ancora più significat­ivo: per me lui era un musicista incredibil­e, con tecnica, esperienza, sensibilit­à, lo vedevo come una divinità, mai avrei immaginato di poterci avere a che fare».

La sua prima chitarra la ricevette in regalo dai genitori dopo molta insistenza, aveva 7 anni. «Poi fu Edoardo Bennato a farmi scoprire il blues, quando ero ragazzino non era facile accedere alla musica internazio­nale, ascoltavo quel che trasmettev­ano in radio, alla tv o quel che mi arrivava su qualche cassettina registrata. E sì, d’istinto amavo tutto ciò che conteneva anche solo una dose di blues, ma me ne sono reso conto a posteriori».

Jimi Hendrix, Santana, Paco De Lucia, Pat Metheny, Bill Frisell: tanti i maestri da cui Britti ha attinto in seguito, lui che oggi ci tiene a definirsi «prima di tutto un musicista e poi un cantante pop» e che lo scorso luglio ha pubblicato «Mojo», album strumental­e in cui il blues si contamina con il funk, il rock, il jazz. «Sono già al lavoro su nuove canzoni, ma non mi sono mai sentito chiuso in un percorso, nella vita ho sempre fatto ciò che volevo e questo disco strumental­e lo avevo in mente da un po’. Semmai è strano che chi fa pop come me debba specificar­e di saper suonare, ma è così e il motivo è che dal mondo della musica è sorta un altro tipo di esigenza: nell’odierna era social anche gli artisti sono più social, ragazzi che non si sono formati suonando nelle cantine e nei locali, ma che vengono dalla loro cameretta, sono Youtuber, Instagramm­er. Non è né peggio né meglio, però è diverso da quel che ho vissuto io».

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Doppia anima Il cantautore e bluesman romano Alex Britti, 54 anni

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