PEDINANDO BENJAMIN ALL’OMBRA DEL CIMITERO
La visita del filosofo scrittore con amici nel 1912 Due giorni per scoprire scorci e angoli nascosti con un tour (insolito per l’epoca) al Monumentale
Per seguire quei tre ragazzi che svoltano da viale di Porta Garibaldi (oggi viale Pasubio) e si immettono sullo stradone battuto dal sole che porta al «camposanto» (via Ceresio), bisogna sfogliare un libro appena pubblicato, un saggio/ romanzo/guida che permette di seguire ogni singolo spostamento (di luogo, di vita e di pensiero), di quel «genio eclettico, naturalmente renitente alla fissità, alla sedentarietà... uomo sfortunatissimo e totalmente sprovvisto di senso pratico, filosofo atipico e sincopato, critico letterario sopraffino, scrittore asistematico ma saggista eccelso». Il libro s’intitola In cammino con Walter Benjamin, lo ha scritto Paolo Pagani (editore Neri Pozza).
Si mette a fuoco per prima cosa dove stesse andando Benjamin, quel pomeriggio: «La scoperta della città inizia al Cimitero monumentale, “un autentico museo della scultura milanese contemporanea”. I milanesi passeggiano all’interno di un camposanto “di colossale vastità”, inaugurato nel 1866, ed è curioso notare come oltre un secolo più tardi, ai nostri giorni, il Monumentale sia divenuto meta obbligata di tour organizzati, ai quali bisogna prenotarsi perché regolarmente affollati e per i quali ci si mette in coda. Benjamin, dunque, in anticipo sui tempi, di cent’anni buoni».
Dallo scritto che il filosofo lasciò di quella visita (Il mio viaggio in Italia. Pentecoste del 1912), sappiamo che il Monumentale non gli fece una buona impressione. Tutt’altro. Prima notava che i «milanesi, colti e ignoranti, fanno la loro passeggiata pomeridiana qui nella loggia o nel giardino». E poi rifletteva: «Bisogna osservare prima di tutto che per una certa somma, molto alta, ogni milanese può comprarsi un luogo di sepoltura dove farsi costruire un monumento funebre. La morte, che è democratica e alleata dei poveri, si è vendicata. È sorto uno spaventoso agglomerato di bruttezza e boriosa banalità, è necessario inoltrarsi in una dimensione mistica e fantastica per trovare una spiegazione. Certo, ogni costruzione presa a sé è tanto comune quanto sfarzosa, ma come si produca questa cooperazione, questa intensa e sorprendente bruttezza, è difficilmente immaginabile. Questo sciagurato cimitero milanese non è più un monumento al denaro, ma a mammona».
Il libro di Pagani aiuta a rileggere quell’esperienza: «Il cimitero gli propizia fra l’altro un abbozzo di riflessione, lì dove lui scorge in azione un vero e proprio processo di rimozione. La Modernità, secondo il giovinotto Walter, sta insomma cancellando le tracce del lutto, il Monumentale è uno spazio architettonico all’interno del quale non hanno cittadinanza i riti funebri, la società borghese sta sostituendo la religione con un culto diverso. Laico e, per così dire, igienizzato. Solo la tomba del Manzoni allestita solennemente nel Famedio del cimitero, che “produce un effetto di estrema solennità”, colpisce favorevolmente Benjamin. D’altronde è sicuro che da liceale avesse letto I promessi sposi, dei quali possedeva una copia in tedesco, conservata in seguito nella biblioteca di Gretel Adorno, la moglie di Theodor».
A Milano Benjamin alloggiò all’hotel Helvetia, in via Marco Polo 13, all’epoca attiguo alla stazione: la Centrale era in quella che diventerà piazza della Repubblica. Sono solo pochi passi, quelli fatti con Benjamin verso via Ceresio. È un inizio del viaggio. Che si può ripercorrere per intero con il libro di Paolo Pagani, sempre ricordando la fine: «Con chi ci siamo mai messi in cammino? Figlio di un ricco antiquario ebreo di Berlino, Walter Bendix Schoenflies Benjamin morì suicida (e in solitudine) per overdose di morfina, senza un soldo in tasca, inseguito dai nazisti. Aveva soltanto quarantotto anni». A Port-Bou, ai piedi dei Pirenei, nella notte tra 26 e 27 settembre, nel «catastrofico 1940».