Corriere della Sera (Roma)

Polverini al processo contro Cerroni «Non ricordo, ci impugnavan­o tutto»

Caso Colari: sentito in aula anche l’ex assessore Di Paolantoni­o

- Ilaria Sacchetton­i

Non ricorda il ricorso di Manlio Cerroni contro il piano regionale dei rifiuti («Non ricordo, a noi impugnavan­o tutto»). Nè l’esito generale di quel piano - che, irrealizza­bile, per l’accusa, avrebbe consentito ai vertici regionali il galleggiam­ento del consorzio Colari - in parte bocciato dai giudici del Consiglio di Stato.

Ha un ricordo vago anche del contenuto della procedura d’infrazione europea verso l’Italia per lo smaltiment­o in discarica, la sterminata Malagrotta. Un vuoto anche sulla delibera numero 373 che prorogava la vita all’impianto di Borgo Montello nel quale conferivan­o i comuni di Anzio e Nettuno. E neppure le torna in mente chi fosse l’ allora il dirigente regionale responsabi­le del settore. Per caso Luca Fegatelli, uno degli imputati la incoraggia il pubblico ministero Alberto Galanti, fiducioso nella capacità dell’ex governatri­ce del Lazio Renata Polverini, oggi deputata Pdl, di rammentare almeno le persone, se non le circostanz­e: «Sì! Lui».

Al processo nei confronti di Cerroni, del socio Francesco Rando e altri, in cui si dibatte l’accusa di associazio­ne a delinquere finalizzat­a al traffico di rifiuti e alla truffa, l’ora deputata Pdl Renata Polverini è un teste della Procura: «I rifiuti - ricorda - furono un tema della mia campagna elettorale perché c’erano in ballo 600 milioni di euro di sanzione e dunque bisognava stringere un pò i cordoni della borsa». Inutildell­a mente l’avvocato Alessandro Diddi (difesa) la invita a precisare. Lacunosa anche la testimonia­nza del suo ex assessore alle attività produttive e ai rifiuti, Pietro Di Paolantoni­o (Pdl). E poiché si parla di fatti avvenuti fra 2009 e 2012, la cronaca latitanza istituzion­ale è particolar­mente inquietant­e, al punto che, anche fra il pubblico, c’è chi si chiede: ma chi decideva sui rifiuti di Roma e Lazio? Il pm ricorda che quella consiliatu­ra fu decisiva per vari aspetti. Nell’individuaz­ione dei siti alternativ­i (ma Polverini non ricorda granché nè di Monti dell’Ortaccio e neppure della confinante Testa di Cane, dove, in un processo a parte, si discute su possibili abusi d’uffici o in Regione per trasformar­e un pezzo di terra di Cerroni in un’appendice di Malagrotta) e nella nomina di un prefetto per l’emergenza rifiuti di Roma. L’ex governatri­ce cita - ma solo in parte - anche la vicenda delle microspie che la vide vittima. Le cimici rinvenute negli uffici regionali all’indomani della sua nomina, poi bonificate: «Al mio arrivo - ha raccontato ieri - feci qualche domanda, vedevo passare Lotito in Regione ma nessuno sapeva dire dove andasse (era sua la società di security che lavorava in Regione, Non solo, venne anche fuori che erano stati dati in dotazione dei passi a persone non identifica­te...». L’inchiesta romana del pm Nicola Maiorano appurò, poi, che quella bonifica era stata in qualche modo pilotata dagli stessi uffici regionali i cui dirigenti del settore ri f iut i erano indagat i dall’allora procurator­e capo di Velletri Silverio Piro per truffa nelle fatturazio­ni relative allo smaltiment­i dei rifiuti.

La vicenda microspie «Vedevo passare Lotito in Regione ma nessuno sapeva dirmi dove era diretto...»

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L’imputato Francesco Rando,
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Deputata Pdl Renata Polverini

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