Ettore Troilo, il prefetto della «Liberazione»
Fondò la Brigata Maiella, protagonista della Resistenza
Interni, Mario Scelba, decide di destituirlo d’autorità. All’annuncio fanno seguito trentasei ore drammatiche, in un clima di guerra civile alle porte. Antonio Greppi, il sindaco socialista di Milano di cui il prefetto Troilo era stato una sorta di alter ego, per protesta si dimette, e 170 sindaci della provincia ne seguono l’esempio. Ma soprattutto centinaia di ex partigiani (in massima parte comunisti) provvedono a occupare la prefettura. Alla loro testa, probabilmente anche per tenerne a bada gli eroici furori, c’è Giancarlo Pajetta. «Nullo» telefona entusiasta a Palmiro Togliatti, annunciandogli di aver appena comunicato a Scelba che, da quel momento, ha una prefettura in meno. Ma Togliatti ne smorza gli ardori, chiedendogli sarcastico che cosa intende farne: lo sfotterà per mesi e mesi, premurandosi di chiedergli compìto, ad ogni incontro, notizie sull’andamento della rivoluzione.
Se la partita si chiude senza tragedie, larga parte del merito, oltre che al comandante del presidio militare, Capizzi, e al sottosegretario inviato da Scelba, Marazza, va proprio a Ettore Troilo. Essendo il nostro un Paese in cui a gettar fango sul prossimo non si fa peccato, Scelba provvede a far girare la voce che Troilo si è barcamenato in vista di un prestigioso incarico nella delegazione italiana all’ Onu promessogli da Alcide De Gasperi. Ma, guarda caso, questo incarico Troilo lo rifiuta, e torna a fare l’avvocato.
Ancora in vecchiaia si dichiarerà orgoglioso di essere forse l’unico caso di alto funzionario dello Stato sprovvisto di pensione, e dispiaciuto solo per il velo di silenzio calato sulla Resistenza. Ogni riferimento ai nostri giorni è, si capisce, del tutto casuale.