Mozart a Spoleto, il cielo in una stanza
Per «Così fan tutte» il premio Oscar Dante Ferretti ha ideato una scenografia senza soffitto Ieri l’opera diretta da James Conlon, con la regia di Giorgio Ferrara, ha aperto il festival
SPOLETO - James Conlon, un direttore la cui love story con Spoleto è cominciata nel 1970, il patron Giorgio Ferrara come regista, e i premi Oscar Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo (scene e arredamenti) hanno aperto ieri sera il festival con uno spettacolo old fashion. Dopo alcuni anni di nebbia è tornata la grande opera: ecco il «Così fan tutte», primo dei tre allestimenti italiani di MozartDa Ponte che a Spoleto saranno dati in sequenza, con lo stesso team, avvalendosi dei giovani dell’Orchestra «Cherubini».
La scena è fissa, un interno (dove ci sono dei quadri) e un esterno (con delle persiane) allo stesso tempo. Vedremo via via una taverna con mobili di fine 700, tavoli, poltrone, sofà; il giardino con una fontana e le panche; il salotto dello sposalizio con lampadario troneggiante. Ma la lieta sorpresa, in un capolavoro di geometrie d’affetti sull’infedeltà e sugli inganni dell’amore, è che qui entra il cielo in una stanza: non c’è soffitto ma il cielo appunto te lo trovi dentro casa. Il risultato è che in questo spettacolo (che si svuole smarcare dall’idea di opera buffa cercando una pennellata di pessimismo preromantico , ev i - tando il calco parodistico, esaltando la solitudine dei personaggi), tutto è teatrale, ma sembra vero.
Le nuvole sono vere, trasportano un ricordo tiepolesco, sembra che le tocchi. Ferretti (alla prova numero diciotto nel teatro lirico), non ha il fuoco sacro dell’opera dentro di sé (non lo ha nemmeno Ferrara), non aveva mai visto il «Così fan tutte» a teatro, e va avanti con la sua innocenza maliziosa, con le sue idee, mai banali.
La sua penultima opera è stata «The Fly» del canadese Howard Shore, basata sul film di David Cronenberg, andata in scena a Parigi e poi a Los Angeles, e la protagonista, Ruxandra Donose, interpreta Dorabella nel Mozart spoletino. Francesca Dotto è Fiordiligi, i due giovanotti Guglielmo e Ferrando sono Rodion Pogossov e Joel Prieto e Maurizio Muraro fa Don Alfonso. Ma è Despina che suscita sorpresa, la grande Marie McLaughlin, che ci riporta nella memoria alle «Nozze di Figaro» di Claudio Abbado, lei non più giovane ma il carisma, quello non si perde.
D’altra parte Ferrara ha virato verso una Despina insolita, che si fa derivare dalla Commedia dell’Arte e invece qui «non è la camerierina pruriginosa ma una signora consapevole, una donna che sa il fatto suo, vestita di nero, come La locandiera di Goldoni», dice Ferrara. I due giovanotti sono «i classici ufficiali del re», gli ha voluto dare una parvenza d’eroicità con delle corazze d’oro e un po’ di turcherie, mentre Don Alfonso non è, come lo vide Strehler («Così fan tutte» fu la sua ultima regìa) un Casanova in disarmo con le scarpe sporche e l’aria laida e godereccia, ma un cerimoniere in frac, con bastone e cilindro.
Insomma le cifre dello spettacolo sono un certo astrattismo, commistione di generi, ambigui tà e mal inconia. «L’ambiguità fa parte di Mozart, è un’opera difficile dove le emozioni sono sottotraccia, molto seria musicalmente, lo stesso Don Giovanni si chiama dramma giocoso ma è tutt’altro che giocoso » , dice James Conlon, che da ottobre 2016 prenderà le redini dell’Orchestra Sinfonica della Rai. Un americano in Italia. Questa è soltanto la sua terza opera a Spoleto, però è stato protagonista di tanti concerti. «Sono attaccato non solo al festival ma alla città di Spoleto, non riesco a giudicare questa rassegna in maniera oggettiva, vi torno con piacere e emozione, quando cammino per queste stradine è come se avessi vent’anni».
Trilogia È il primo dei tre allestimenti italiani di Mozart-Da Ponte che andranno in scena nella rassegna