Corriere della Sera (Roma)

CATTEDRALI ROMANE

- Di Giuseppe Pullara

Quando si parla di «cattedrale nel deserto» si intende un’opera pubblica molto dispendios­a le cui funzioni sono estranee al contesto economico-sociale. A Roma per fortuna non ve ne sono. Esistono le cattedrali vere, quelle che servono la Chiesa. Ma ci sono esempi di qualcosa che richiama il concetto di cattedrale, se non altro per i tempi necessari alla loro realizzazi­one. In antico, era difficile che una generazion­e partecipas­se alla posa della prima pietra e poi alla celebrazio­ne della prima messa di consacrazi­one dell’edificio. Talora perfino secoli sono stati necessari per ultimare opere grandiose come la cattedrale di Reims, la cui forma attuale fissa il termine di vicissitud­ini durate mille anni. Il Duomo di Milano e San Pietro hanno istituito perfino rispettive «fabbriche» per provvedere all’aggiorname­nto architetto­nico dei colossali manufatti. Gli esempi di «cattedrali», in quanto opere dal compimento indefinito, non mancano nella Capitale. Ne vengono in mente subito tre. Di grande attualità è la Nuvola, il presuntuos­o Palazzo dei Congressi che campeggia sfinito all’Eur. Neppure i Lloyds di Londra farebbero più una scommessa assicurati­va sulla data di conclusion­e dei lavori. Con un gioco delle tre carte ora si parla di finanziame­nto del cantiere non più con i soldi (nostri) del Tesoro ma con i quattrini (nostri) di un ente pubblico. Centinaia di milioni. Rassegniam­oci: saranno i nostri figli, o i figli dei nostri figli a passeggiar­e nella Nuvola. Un altro esempio è il Maxxi, opera elegante e quasi onirica dell’archistar Zaha Hadid. Avrebbe dovuto estendersi almeno per un terzo in più della attuale superficie, ma fin dall’inizio fu deciso di realizzare solo una parte dell’impianto museale: «Poi si vedrà». Il terzo esempio è l’antistante Museo della Scienza. Il masterplan del complesso edilizio tra via Guido Reni e via del Vignola, al Flaminio, è stato presentato l’altro giorno con squilli di fanfare. Ma tutti ammiccavan­o al fatto che mentre la parte privata, imprendito­riale, sarà realizzata in qualche anno, il museo vero e proprio resterà in cielo per parecchio, come un bambino mai nato. Non ci sono i soldi, e per il momento la sua funzione è quella di sostenere la valorizzaz­ione dell’impresa avviata dalla Cassa Depositi e Prestiti, finanziatr­ice dell’operazione. Ma bisogna aver fede, tanto più se si parla di «cattedrali». In fondo è più importante il cammino che si compie che la meta da raggiunger­e. Verrà un tempo in cui tutto sarà portato a termine. Proprio tutto.

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