Ragazza suicida Dubbi e sospetti, riaperto il caso
Si è impiccata nella sua casa di Ponte Milvio ma un taglio alla testa è antecedente alla morte
Riaperto
dal pm il caso della ragazza di 26 anni trovata impiccata nella sua casa di Ponte Milvio a novembre scorso. Una ferita alla testa non convince il pm, che ha disposto nuovi e più approfonditi accertamenti.
Una telefonata alla madre, l’ultima cena con l’ex fidanzato e poi il buio. Un’oscurità cominciata la sera del 22 novembre scorso e durata fino al tardo mattino del giorno dopo, quando chi ha aperto la sua camera da letto ha trovato A., 26 anni, residente sulla Cassia nella zona di Ponte Milvio, praticante avvocato, impiccatasi al lampadario circa un’ora prima.
Da quel momento è cominciato un rompicapo che da mesi tiene impegnata procura, avvocati e polizia giudiziaria. La ragazza si sarebbe suicidata, questa finora l’ipotesi più accreditata. Ma a rendere un mistero
Ora il decesso della giovane è una ferita profonda sulla testa. Un taglio avvenuto prima che la ragazza decidesse di togliersi la vita.
Una conclusione, messa per iscritto dagli investigatori coordinati dal pm Francesco Saverio Musolino che indaga per istigazione al suicidio che costella di dubbi la morte della ragazza. Com’è possibile quel trauma? Questo è il primo interrogativo sul taccuino degli inquirenti. A. era una persona dal profilo complesso. Da piccola aveva sofferto per un disturbo bipolare, ma da qualche tempo sembrava tutto risolto. Anche se aveva terminato le cure, era tenuta sotto controllo e i risultati erano stati positivi. Viaggiava, aveva tanti amici, lavorava e aveva una relazione.
La sua ultima sera Alice la trascorre con l’ex fidanzato. Prima di cena sente la mamma, all’Argentario. Al mattino la colf bussa in stanza, nessuno risponde e quando viene fatta irruzione, trovano la giovane impiccata. La porta è chiusa dell’interno.
Cosa o chi ha provocato il trauma? Poi perché suicidarsi? Una nuova consulenza è stata disposta dal pm per chiarire la natura del taglio. Nessun mistero. È un incidente successivo alla rimozione del cadavere. Il sangue è causato dalla microcircolazione che continua anche dopo la morte» dice l’avvocato Paolo Barone, che assiste i familiari della ragazza nella ricerca della verità.
Gli anni Poteva assumere proporzioni ben diverse quello che è accaduto venerdì pomeriggio in uno stabile di via Casape, nella zona di San Basilio. Intorno alle 17.30, alcuni condomini hanno chiamato il 113 per segnalare un incendio che si era sviluppato al primo piano. In pochi minuti tre auto della polizia erano già sul posto: scesi dalle auto, gli agenti si sono subito resi conto della gravità della situazione. Su un balcone, infatti, diverse persone in chiara difficoltà stavano sbracciandosi e chiedevano aiuto. I poliziotti, dopo aver tranquillizzato gli inquilini dicendo che stavano per arrivare i vigili del fuoco con l’autoscala, sono entrati nell’edificio coprendosi il viso con le divise per proteggersi dal fumo che andava aumentando e hanno perlustrato tutti i piani dello stabile: una richiesta di aiuto provenire da un appartamento e, dopo averlo individuato, alla donna di avvicinarsi all’uscita. Quando hanno capito che si trattava di un’ anziana disabile con problemi di deambulazione sono entrati nella casa con un vigile del fuoco munito di autorespiratore e l’hanno salvata. Terminato il salvataggio, i tre agenti sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari: uno è stato soccorso in codice rosso.
I dubbi La porta della camera della giovane era chiusa a chiave: il pm dispone altre verifiche