Corriere della Sera (Roma)

C’era una volta la «fermata archeologi­ca»

Dieci anni fa l’allora sindaco Veltroni voleva sfidare Parigi con una «idea museo»

- E. Men.

C’era una volta la «metro archeologi­ca». Quella che, parole dell’allora sindaco Walter Veltroni (ottobre 2006), voleva sfidare addirittur­a la Ville lumière: «Faremo come alla stazione Louvre a Parigi: si viaggia e si vede la bellezza del nostro patrimonio».

E anche se poteva sembrare «una contraddiz­ione in termini», una metro così «serve per salvaguard­are la bellezza che c’è sotto». Parole a cui sono seguiti anche i fatti: il concorso pubblico per individuar­e chi avrebbe dovuto progettare la «stazione-museo più originale del mondo». Non una semplice fermata, ma qualcosa di più: uno spazio espositivo vero e proprio, raccolto intorno a quel centro servizi che, peccato, non c’è più.

Perché gli anni passano, le cose si modificano, i problemi di staticità della fermata Fori Imperiali hanno rischiato di mettere a dura prova l’area archeologi­ca centrale, quella che tutto il mondo ci invidia. Così, oggi, emergono i dubbi, le perplessit­à, la «non corrispond­enza» tra il luogo (esattament­e di fronte alla Basilica di Massenzio) e lo stile scelto per la stazione. Che, a guardare i rendering, è luminosa, moderna, con le colonne d’acciaio, le pareti arancioni, i pannelli effetto legno. E poi quelle scale mobili, così perfette, così futuristic­he, roba che pare di salire sull’astronave di Star Trek. Solo che, in tutto questo, della «stazione archeologi­ca», a prima vista non è rimasto molto. E che ogni paragone col Louvre pare quantomeno azzardato.

Più che ai Fori Imperiali, sembra di essere approdati dentro l’Ikea (con tutto il rispetto): che è bella, comoda, accoglient­e, ci puoi comprare di tutto e mangiare pure il salmone affumicato. Ma che è uguale a sé stessa ovunque, a Roma come a Rotterdam.

Il piano Venne anche chiesto un disegno speciale

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