L’Accattone: «no» all’archiviazione
Antonio Mancini: il magistrato che m’interrogò è contrario
L’ Accattone – ex criminale, ex collaboratore di giustizia, ex volontario per una cooperativa sociale – è un uomo cambiato, ancora una volta: ha appena iniziato la sua quarta vita. Dopo tanti anni passati a guidare il pulmino dei disabili ora, per raggiunti limiti di eta, è dovuto scendere. E si è riciclato nella comunicazione: sta per aprire un blog e fa il conferenziere in giro per l’Italia.
«Spiego al pubblico cosa è stata la banda della Magliana, dal di dentro. Le prossime tappe saranno a Piacenza e Cremona, giorni fa ero a Pescara. Se vuole chiami il mio agente». Lontanissimi i tempi di «Renatino» e del «Libanese», degli assalti ai treni e del recupero crediti a suon di pallettoni, dei sogni giovanili «che sembravano ‘na cavalcata epica - dice lui da Jesi, nelle Marche, dove vive, cedendo alla parlata romanesca di gioventù - e che invece so’ diventati ‘n’immensa pozzanghera di sangue».
Sì, Antonio Mancini, 67 anni, sarà pure cambiato, ma sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, dopo ciò che mise a verbale nel 2006 - vale a dire che la «bandaccia» aveva rapito la figlia del messo pontificio per «ricattare il Vaticano» e «avere indietro» i soldi investiti nello Ior - mantiene un giudizio preciso. Destinato, in queste ore, a tornare d’attualità.
Mancini, il 30 settembre mercoledì prossimo - il gip si pronuncerà sulla richiesta di archiviazione dell’inchiesta. Cosa ne pensa?
«Che è ingiusto, ovvio! Ma non lo dico pro domo mia, nel senso che, avendo fatto quelle dichiarazioni, ora mi devo aspetta’ per forza che le indagini vanno avanti». E allora? «Lo dico nel senso che mesi fa, quando è stata presentata la richiesta dalla Procura, tanti hanno fatto n’arzata di voci, se n’è parlato sui giornali, ma nessuno citava un fatto semplice e significativo». Ossia? «Che il giudice Capaldo, quello titolare delle indagini, s’è rifiutato di firmare. Io è da lui che so’ stato interrogato. C’era anche l’altro magistrato, la donna, e pure il dottor Rizzi, della Questura... Ho collaborato, badi bene, non ho fatto il pentito, parola che non mi piace. So’ andato per episodi, perché dopo tanto tempo è impossibile ricordarsi tutto. Io diffido dei collaboratori troppo precisini, che mettono in fila nomi, date, dettagli».
Quindi l’Accattone è contro l’archiviazione?
(cambia tono, s’innervosisce) «Ma facciano come je pare, io me so’ rotto de’ parla’ della Orlandi! Però, certo, se due giudici dicono “sì” e uno “no” la cosa è illogica, se vede chiaramente che nun sfaciola».
In vista dell’udienza, a lei viene in mente altro? Ricorda ad esempio di aver mai incontrato Marco Fassoni Accetti, il fotografo che si è autoaccusato del sequestro?
(risponde di getto) «Ah, sì, ho capito, quello co’ due cognomi! Ma no, mai visto! Non lo dico perché so’ più bravo, sia chiaro: però, in casi complicati come questo, ci sono le cose vere e quelle verosimili...».
E per caso ricorda di aver frequentato qualcuno in relazione al caso Orlandi in un appartamento in zona Appio?
(stupito) «Mai sentito, perché? ‘Ndo sta? Piuttosto, ascolti bene...» Dica, Mancini. «...le verità processuali non sono mai quelle storiche. Penso a quel poveretto, Scattone, che non vogliono che insegni al liceo, quando secondo me non c’entra neanche con il delitto all’università e comunque ha scontato la pena. Lo ammetto, io ho avuto fortuna: ho fatto 16 anni, tra carcere e domiciliari, ma alla fine so’ riuscito a diventare un altro. La lascio, sto scrivendo un profilo criminale di De Pedis per il mio blog...»
Istruttoria L’ex della Magliana nel 2006 affermò che la ragazza fu sequestrata per ricattare il Vaticano