In mostra
Raffaello degli Uffizi L’autoritratto ai Musei Capitolini
Vero, Firenze è vicina e dista ormai poco più di un’ora di treno (veloce) da Roma. Anche gli Uffizi dunque — code a parte — sono a portata di mano di un qualsiasi romano. Ma tant’è: ci sono quadri delle collezioni del più importante museo italiano (difficile fare classifiche in questi casi, ma difficile anche negare che gli Uffizi lo siano) che da soli possono valere la visita a una mostra temporanea. Ancor più che per la loro importanza in senso stretto, per il loro essere assurti al rango di vere e proprie icone.
E tale è il caso dell’Autoritratto di Raffaello, piccola tavola (poco più di 47 centimetri per 34) protagonista dell’imminente rassegna ai Musei Capitolini dal titolo «Raffaello Parmigianino Barocci. Metafore delle sguardo», aperta al pubblico da venerdì al 10 gennaio 2016. Una mostra-confronto a tre, promossa dall’assessorato alla Cultura del Capidoglio e organizzata da MetaMorfosi con Zètema.
L’Autoritratto di Raffaello giovane, si diceva: opera eseguita intorno al 1506 e portata a Firenze da Urbino nel 1631 con l’eredità spettante a Vittoria della Rovere, che probabilmente la donò al cognato Leopoldo per la sua straordinaria raccolta di autoritratti, primo nucleo della celeberrima sezione del museo fiorentino, la più completa al mondo nel suo genere nonostante tanti tentativi di imitazione-emulazioni (Accademia di San Luca, Brera, National Academy of Design di New York ecc), nata proprio da una geniale idea del massimo collezionista fra i principi medicei, Leopoldo di Cosimo II.
La mostra è curata da Marzia Faietti, direttrice del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, e si pone come obiettivo dichiarato «di evidenziare quegli stimoli che, partendo da Raffaello, determinarono gli orientamenti artistici, anche alternativi, di Francesco Mazzola detto il Parmigianino e Federico Barocci, ricordati nelle testimonianze cinque-seicentesche come eredi dell’Urbinate». Guardando a Raffaello con gli occhi del Parmigianino e dell’altro marchigiano Barocci, l’esposizione intende dunque affrontare il tema del confronto e dell’eredità tra artisti vissuti in epoche e luoghi diversi.
Raffaello, Parmigianino e Barocci si espressero nella loro copiosa produzione grafica sperimentalmente e con forza innovativa. Per raccontare questo confronto a distanza la mostra propone quasi solo disegni dei tre artisti, insieme a stampe provenienti dal Gabinetto del museo fiorentino e da altre raccolte museali.
In aggiunta, un’esigua selezione di dipinti tra cui l’Annunciazione (1582-84) di Barocci dei Musei Vaticani, dipinta dall’urbinate per la cappella di Francesco Maria II della Rovere nella Basilica di Loreto, una delle opere trafugate da Napoleone nel 1797 e rientrata in Italia dopo il Congresso di Vienna. Di Barocci — ancora spesso rubricato dalle storie dell’arte con la formula del «manierista» ma che fu piuttosto grandissimo pittore — la mostra ai Capitolini presenta anche l’Autoritratto di mezza età, sempre dagli Uffizi.