Se la mistificazione racconta la realtà
IMotus, nomen omen, sono in movimento, scappano, vanno. Non si può che inseguirli. Li ho raggiunti a Terni, dove c’è un festival, simile agli altri della penisola, ma accogliente e simpatico, un festival organizzato da giovani con l’ausilio del Teatro dell’Umbria. Daniela Niccolò ed Enrico Casagrande sono a Terni con «MDLSX», ovvero Middlesex (titolo tratto dal romanzo di Eugenides). Lo spettacolo è nato a La Villette: al pari del Pouilles di Amedeo Fago, anch’esso prodotto in Francia. È un particolare che fa riflettere. I due spettacoli si somigliano nell’elemento contenutistico: quanto somigliano all’appena visto «887» di Robert Lepage. Sono tre autoritratti, tre spettacoli che si fondano su dati di realtà: foto d’archivio, oggetti (o fac-simili di quegli oggetti), lettere e canzoni d’epoca. Nel nuovo teatro, nel teatro d’avanguardia, la realtà (o ciò che all’ingrosso intendiamo per realtà) è tutto. E tuttavia in «MDLSX» non è proprio così. Intanto captiamo una traccia del romanzo di Eugenides, poi la protagonista Silvia Calderoni ci parla di sé quanto non ci parla di ciò che lei davvero è: la natura di Silvia Calderoni è la mistificazione, il trucco, la maschera. Lei con la telecamera ci mostra il viso in primo piano; o mostra com’era da bambina in uno specchio rotondo (lo specchio dell’infanzia); o si spoglia in parte; o si spoglia per intero. Ecco, guardatemi, sono fatta così. Ci sta raccontando un caso di ipospadia, un termine che non conoscevo. Per semplificare, diciamo di androginia. Su questo vuole che noi si rifletta, che ci si abitui a considerare normale ciò che non consideriamo normale. Silvia Calderoni mostra il mostro (che lei non è) affinché non pensiamo che vi siano esseri mostruosi, esseri diversi, alieni. Perché tutti siano da tutti, in ogni dove, accolti.