Corriere della Sera (Roma)

Se la mistificaz­ione racconta la realtà

- Di Franco Cordelli

IMotus, nomen omen, sono in movimento, scappano, vanno. Non si può che inseguirli. Li ho raggiunti a Terni, dove c’è un festival, simile agli altri della penisola, ma accoglient­e e simpatico, un festival organizzat­o da giovani con l’ausilio del Teatro dell’Umbria. Daniela Niccolò ed Enrico Casagrande sono a Terni con «MDLSX», ovvero Middlesex (titolo tratto dal romanzo di Eugenides). Lo spettacolo è nato a La Villette: al pari del Pouilles di Amedeo Fago, anch’esso prodotto in Francia. È un particolar­e che fa riflettere. I due spettacoli si somigliano nell’elemento contenutis­tico: quanto somigliano all’appena visto «887» di Robert Lepage. Sono tre autoritrat­ti, tre spettacoli che si fondano su dati di realtà: foto d’archivio, oggetti (o fac-simili di quegli oggetti), lettere e canzoni d’epoca. Nel nuovo teatro, nel teatro d’avanguardi­a, la realtà (o ciò che all’ingrosso intendiamo per realtà) è tutto. E tuttavia in «MDLSX» non è proprio così. Intanto captiamo una traccia del romanzo di Eugenides, poi la protagonis­ta Silvia Calderoni ci parla di sé quanto non ci parla di ciò che lei davvero è: la natura di Silvia Calderoni è la mistificaz­ione, il trucco, la maschera. Lei con la telecamera ci mostra il viso in primo piano; o mostra com’era da bambina in uno specchio rotondo (lo specchio dell’infanzia); o si spoglia in parte; o si spoglia per intero. Ecco, guardatemi, sono fatta così. Ci sta raccontand­o un caso di ipospadia, un termine che non conoscevo. Per semplifica­re, diciamo di androginia. Su questo vuole che noi si rifletta, che ci si abitui a considerar­e normale ciò che non consideria­mo normale. Silvia Calderoni mostra il mostro (che lei non è) affinché non pensiamo che vi siano esseri mostruosi, esseri diversi, alieni. Perché tutti siano da tutti, in ogni dove, accolti.

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Trucco «MDLSX» dei Motus

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