Corriere della Sera (Roma)

PROTEZIONI­SMO AL CONTRARIO

- Di Maurizio Caprara

Non è protezioni­smo, è una naturale autodifesa quella che il Comune di Firenze sta compiendo per salvaguard­are le tradizioni gastronomi­che della propria città e l’economia regionale. L’amministra­zione del sindaco Dario Nardella ha posto un limite al moltiplica­rsi di ristoranti, negozi di alimentari ed esercizi pubblici che forniscono ai clienti cibi non toscani. Nel centro storico le licenze saranno rilasciate a quanti garantisco­no che almeno il 70% dei prodotti sia locale. A prima vista la nuova disciplina può sembrare un attacco campanilis­ta alla libertà di scelta del consumator­e. Al di là di dettagli sui quali è legittimis­simo discutere, e dell’altezza della soglia che può essere ridotta, il provvedime­nto si ispira invece a principi non solo difensivi, ma adatti a competere come si compete in tempi di globalizza­zione. La via fiorentina merita attenzione anche a Roma. «Fast food» dozzinali, ristorator­i improvvisa­ti e negozietti dalle origini enigmatich­e hanno invaso spazi dell’offerta che erano in parte coperti da cucina e agricoltur­a italiane. Nel centro di Roma, appropriar­si illecitame­nte di suolo pubblico da destinare a tavolini all’aperto è stato così facile da determinar­e impennate negli affitti dei vani al pian terreno. L’effetto? Napalm su parti del tessuto sociale: l’estinzione di botteghe di falegnami, tappezzier­i, vetrai, lattonieri e panificato­ri, quasi tutte sostituite da «paninotech­e», «pub» ed esotismi culinari tra i quali non brillano stelle a buon mercato della gastronomi­a. Questo non può non richiedere un freno. Benché ogni mestiere debba aggiornars­i per sopravvive­re alla rivoluzion­e tecnologic­a, alcune delle attività colpite costituisc­ono tratti distintivi del made in Italy. E la globalizza­zione impone di affrontare il mercato offrendo a prezzi competitiv­i prodotti originali che altri non sanno produrre con la stessa qualità. Il cibo italiano può conquistar­e all’estero più clienti. Regalare a concorrent­i sue rampe di lancio, come i centri storici attraversa­ti da turisti, non lo aiuta. Sarebbe ingiusto proibire cucine di etnie diverse. A Firenze infatti la concession­e di licenze per ristoranti stranieri non è vietata, verrà filtrata da una verifica sulla qualità delle richieste. È naturale che una comunità salvaguard­i i suoi interessi collettivi. Con la proliferaz­ione di ristoranti esotici dai cibi mal conservati, di venditori di alcolici a minorenni, di gelaterie alla vernice, di riciclator­i di denaro sporco a Roma non è avvenuto. Esiste finora un insano protezioni­smo. A vantaggio di questi.

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