Non possiamo essere ostaggio dei vandali
La
partita comincia alle 19, cominciasse alle 21 sarebbe la stessa cosa. Noi che pranziamo tutti i giorni a Ponte Milvio, quando arriviamo già alle 14 non troviamo un buco per parcheggiare. Ci arrangiamo. Abbiamo dimenticato che tra poche ore all’Olimpico comincerà una partita: lo dimentichiamo se, essendo romanisti, giocherà la Lazio; e se, essendo laziali, giocherà la Roma. Ma Lazio o Roma le cose andrebbero nello stesso modo. Per la verità anche nel caso che a scontrarsi siano proprio Roma e Lazio. Ma da qualche tempo a questa parte le cose vanno diversamente quando ad essere ospiti sono squadre straniere, intendo non italiane, intendo quando la partita che si dovrà giocare sarà per una coppa europea.
La vigilanza della polizia e dei carabinieri è altissima. Macchine, camionette, cordoni circondano la piazza e i dintorni. È più difficile del consueto il semplice traffico del quartiere. Con il passare del tempo tale vigilanza si è andata estendendo. Le zone a rischio si sono moltiplicate. Non è più solo questione di scontri tra tifosi di opposti fazioni o nazioni. Il problema sono i tifosi in sé. I tifosi? Va bene, continuiamo a chiamarli così. Non sappiamo bene cosa succede a Parigi o a Londra. Ma Roma sembra attrarre in un modo tutto speciale coloro che vengono in visita in qualità, appunto, di tifosi, da oltre i confini italiani. Per quale motivo? Difficile dirlo. Roma naturalmente è una città magica, offre immagini d’ogni tipo, è ricca, sovrabbondante. Roma è la «grande bellezza», è la città che più d’ogni altra al mondo offre la figura di ciò che non è più, e che forse non si vuole più vedere, che si fatica a vedere, che il mondo si sta diseducando a vedere, a toccare, ad ammirare. Il vandalismo di sia pure piccole frange di uomini che vengono da lontano non è così dissimile dalle ragioni che spingono gli islamisti a distruggere ciò che è antico e appartiene a quello che, secondo loro, è la bellezza, a ciò che noi così chiamiamo e che per noi tale è. Si tratta di un vandalismo distruttivo in sé, una forza che vuole distruggere un’altra forza, «pagana»: che è visibile ma che in realtà è invisibile, è anzi l’invisibile in sé. Ecco la ragione per cui dobbiamo difendere a oltranza questa forza, questa bellezza. Essa è Roma ed è più che Roma. Ma Roma, noi crediamo, deve opporre una ferrea resistenza. Considerando, rispetto alle altre capitali europee, la scarsa severità dei controlli e delle punizioni, occorrono scelte radicali. A costo di chiudere gli accessi, di rendere inutile la polizia. A essere paradossali, potremmo dire (o forse dovremmo) che Roma sia da città aperta, quale fu ed è sempre rimasta, una città protetta, una città chiusa.