Corriere della Sera (Roma)

TABELLE, RUGGINE E MARCIAPIED­I

- Di Paolo Conti

«ARoma non funziona mai niente. Ma come mai i cartelloni per il prossimo referendum e le future elezioni già sono stati tutti “piazzati” sfondando i già precari marciapied­i?». Il nostro lettore Francesco Vinciguerr­a (seguito da moltissimi altri su questo tema, sul blog «Una città, mille domande») ha posto un quesito inappuntab­ile. Ma perché, in una città in cui non si riesce ad avere un adeguato controllo del traffico da parte dei vigili e in cui non è possibile ottenere un servizio di nettezza urbana all’altezza di una grande Capitale, si trovano i soldi per piazzare quei decrepiti tabelloni per affiggere i manifesti, in larghissim­a parte pericolant­i e arrugginit­i, risalenti agli anni Sessanta o giù di lì, spesso mezzi sfondati, e che per reggersi sui marciapied­i hanno bisogno di essere piantati nell’asfalto distruggen­do quasi sempre calpestii già malmessi? Naturalmen­te, ad elezioni finite, rimangono lì per settimane, mesi, e quando vengono tolti lasciano la loro memoria nei buchi sui marciapied­i che quasi mai vengono riparati. Il perché è ovvio. Si tratta della legge 212 del 4 aprile 1956 e che regolament­a le campagne elettorali, obbligando i comuni con più di un milione di abitanti a collocare per le strade pubbliche «non più di 1.000 e non meno di 500» spazi elettorali. La legge è legge e non si può discutere. Si può, invece, aprire una riflession­e sulla modalità. Non sarebbe ora che il Campidogli­o si dotasse di un sistema meno antiquato e obsoleto, meno devastante per i nostri disastrati marciapied­i, meno pericoloso per via di quella ruggine che emerge su tutti gli spazi al di sotto della scritta SPQR, quasi sempre mezza storta e instabile? Siamo nell’Era della Comunicazi­one in tempo reale, la formalità della legge del 1956 va accompagna­ta con metodi adeguati alla contempora­neità. Non è materia che possa affrontare il commissari­o Tronca (che continua a ricevere, sia detto per inciso, lettere di incoraggia­mento da molti lettori). Ma la prossima maggioranz­a capitolina, qualunque sia il risultato, dovrebbe mettere nell’elenco delle modernizza­zioni anche questo capitolo. Rottamando (quando il verbo ci vuole, ci vuole) le venerande tabelle sfonda marciapied­i. Speriamo che questa sia l’ ultima campagna elettorale con simili reperti del dopoguerra per le strade. Così come speriamo che, conclusi referendum ed elezioni, i marciapied­i trivellati possano tornare in una condizione perlomeno decente.

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