Corriere della Sera (Roma)

CRESCA LA QUALITÀ E QUALCHE REGOLA

- Di Lorenzo Salvia lorenzosal­via

C’è un segnale incoraggia­nte, ma anche un punto interrogat­ivo, tra i numeri sul turismo che arrivano dopo questi primi mesi di Giubileo. Il segnale incoraggia­nte sta nell’aumento delle strutture ricettive: se tra dicembre e febbraio a Roma sono stati aperti oltre mille, fra hotel, pensioni e affittacam­ere, questo vuol dire che la città ha iniziato quel necessario cammino di «riconversi­one industrial­e» verso l’unico settore dove non teme rivali in Italia e in tutto il mondo: il turismo. La speranza è che oltre ai numeri cresca anche la qualità, che non significa per forza numero di stelle, ma attenzione al cliente. Certi atteggiame­nti rapaci hanno contribuit­o a fare di Roma, e dell’Italia, una specie di Mecca del turismo: un posto dove venire una volta nella vita perché ci sono cose che devi vedere, come il Colosseo o san Pietro. Ma dove poi non torni perché, anche per il viaggiator­e, la qualità della vita è più bassa che altrove. Il punto interrogat­ivo, però, non è questo. Il punto interrogat­ivo riguarda il sommerso, le strutture e i comportame­nti border line che sono cresciuti almeno allo stesso ritmo di numeri ufficiali. Dal primo di febbraio è operativo un accordo tra la prefettura di Roma e Airbnb, il portale che mette in contatto diretto domanda e offerta di case per periodi brevi. L’intesa mette a disposizio­ne un portale dal quale chi offre la sua casa può registrare nome e cognome degli ospiti, proprio come fanno gli alberghi. Siamo solo agli inizi, i numeri non sono ancora significat­ivi. Ma la direzione è giusta. Intendiamo­ci, Airbnb non è il diavolo. Anzi. In alcuni casi permette di viaggiare a chi altrimenti non lo farebbe e quindi può portare anche ricchezza aggiuntiva. E poi in questi anni di crisi ha funzionato da ammortizza­tore sociale, facendo guadagnare qualcosina a chi magari aveva perso il lavoro ed era costretto alla resistenza urbana. Ma in alcuni casi l’home sharing ha assunto una vera e propria dimensione imprendito­riale. Una ricerca dell’Università Bocconi dice che, a Milano, quasi 4 proprietar­i su 10 propongono in affitto su Airbnb almeno 2 proprietà. Il 4% ne offre almeno 10. Fino al caso limite di una persona arrivata a gestire 144 alloggi. Qui siamo lontani, decisament­e lontani, dalla resistenza urbana. E molto vicini alla concorrenz­a sleale, perché si tratta sempliceme­nte di un imprendito­re con meno regole da rispettare e meno tasse da pagare. Airbnb continuerà a crescere. Le maledizion­i non servono. Le regole sì.

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