MESSAGGI E TAGLI DEL COMMISSARIO
Non verrà risanato di sicuro grazie a questo il bilancio del Comune di Roma. Anche perché parliamo di una cinquantina di indennità. Ma la decisione presa una settimana fa da Francesco Paolo Tronca, quella di tagliare fino al 50 per cento gli emolumenti dei componenti dei collegi sindacali delle municipalizzate, con il risultato che il compenso del presidente dei revisori delle società più grandi passerà da 66 mila a 33 mila euro annuali, è un altro dei segnali che il commissario straordinario manda al prossimo sindaco. Che necessariamente dovrà affrontare con estrema urgenza il doloroso capitolo delle aziende comunali. E sarà un problema da far tremare le vene ai polsi, considerando lo stato dei servizi pubblici nella capitale. Purtroppo, va detto con estrema chiarezza, non abbiamo la sensazione che tutti i candidati percepiscano l’estrema gravità della situazione. L’Atac, per esempio, versa in uno stato che non sarebbe sostenibile per alcuna impresa privata: i cui libri, nelle identiche condizioni, sarebbero già stati portati in tribunale. Esattamente quello che dovrebbe fare, beninteso dopo aver predisposto un necessario paracadute per il servizio, un sindaco che volesse davvero dare una sterzata decisiva ai trasporti in questa città. Ma questo non accadrà. Mentre il candidato del Partito Democratico Roberto Giachetti non escludeva la possibilità surreale di privatizzare l’Atac, ben sapendo che forse neppure le Ferrovie dello Stato potrebbero farsi carico di una rogna immensa, e mentre la candidata della Destra Giorgia Meloni ipotizzava di rimettere il bigliettaio a bordo degli autobus, la designata del Movimento 5 Stelle Virginia Raggi, attualmente in testa ai sondaggi, si è spinta a definire «un fiore all’occhiello» di Roma l’agonizzante azienda pubblica di trasporto che ha più dipendenti dell’Alitalia e un terzo dei mezzi inutilizzabili. Una definizione che fa pensare, soprattutto perché proviene da una persona la quale per due anni è stata in consiglio comunale, il che porta a escludere la non conoscenza dei fatti. La verità è che nessuno, in questa campagna elettorale, sta affrontando con la dovuta determinazione quello che è l’autentico buco nero della città: le municipalizzate. Una micidiale fonte di disservizi, sprechi e clientele. Ma anche un mondo dove si pagano ogni mese più di 35 mila stipendi, che diventano forse il doppio con l’indotto. Stipendi forse in buona parte inutili, ma certo non alla vigilia delle elezioni. Sbagliamo?