All’Eliseo arrivano i feroci Drughi di Anthony Burgess
Al Teatro Eliseo debutta «Arancia meccanica» di Burgess, per la regia di Gabriele Russo
«Ho deciso di fare il delinquente e odiare gli oziosi passatempi di questa nostra età»: una frase che appartiene al «Riccardo III» di Shakespeare, ma che ben si addice al protagonista di «Arancia meccanica». Il capolavoro di Anthony Burgess approda in palcoscenico: dal 26 aprile al 15 maggio al Teatro Eliseo con la regia di Gabriele Russo. «Ma non è un adattamento del film di Stanley Kubrick- precisa subito il regista - A suo tempo ovviamente avevo visto e rivisto il bellissimo lavoro cinematografico e poi avevo letto il romanzo di Burgess. Ma è stato quando mi è capitato tra le mani l’adattamento che lo scrittore stesso aveva fatto nel ‘90 per la Royal Shakespeare Company, che ho deciso di metterlo in scena. Perché il linguaggio teatrale, tra parole e musica, somiglia a un’opera brechtiana». L’inquietante Alex è impersonato da Daniele Russo, affiancato dai suoi altrettanto inquietanti amici Drughi (interpretati da Sebastiano Gavasso e Alessio Piazza), che agiscono in un ambito sociale sempre più incline al «controllo delle coscienze e all’indottrinamento - osserva il regista - verso un pensiero unico, quello del “metodo Ludovico”: il crudele epilogo cui viene destinato il protagonista, sottoposto alla castrazione chimica e al condizionamento psicologico». Nell’allestimento (così come fu nel film) sono molto importanti le musiche, stavolta quelle originali di Morgan: «Oltre a brani inediti spiega Russo anche, naturalmente, Beethoven arrangiato in chiave elettronica».
La vicenda è nota ai più: una gang di giovani balordi, capeggiata dal malvagio Alex, declina il desiderio, il gusto di esercitare la violenza nei modi più disparati, dallo stupro all’omicidio, dalla rissa al pestaggio di poveri vecchi indifesi. Un atroce e osceno carosello di nefandezze che condurrà il protagonista in carcere, dove verrà trasformato da individuo pericoloso e asociale in automa che vomita al solo comparire di un pensiero scorretto.
«Il fattaccio di quei ragazzi romani, Manuel Foffo e Marco Prato, che hanno torturato e assassinato il loro amico inerme, solo per provare il piacere di uccidere, ha conferito alla nostra messinscena una triste attualità - riflette Russo - Quel caso di cronaca è veramente “arancia meccanica”, il gusto del male per il male. Un male che è anche dettato, in quei ragazzi, dalla mancanza di punti di riferimento morale e da una noia profonda della vita».
Come tradurre, però, tanta scelleratezza in uno spettacolo teatrale? L’impatto scenico è più forte delle immagini filmiche, mediate dallo schermo. «Un problema che ci siamo posti - ribatte il regista - Non si possono rappresentare in palcoscenico in modo naturalistico certe situazioni estreme. Ho studiato soluzioni alternative, dove il gesto crudo si traduce in metafora. Ma il tema della violenza permea tutta la messinscena: non per dare risposte, solo per porre interrogativi».
Adattamento L’ispirazione non arriva dal film di Kubrick ma dalla Royal Shakespeare Company