Corriere della Sera (Roma)

La storia degli orrori di Ravensbrüc­k, il lager delle donne

Nei libri di Sarah Helm e Ambra Laurenzi il lager femminile voluto da Himmler

- di Paolo Brogi

Ravensbrüc­k. Il lager delle donne sorgeva a 80 km a nord est di Berlino, l’aveva voluto Himmler, dopo il ’45 finì sotto la Germania dell’Est e a lungo ha conservato i suoi orribili segreti, restando in un cono d’ombra da cui riappaiono oggi le storie sconvolgen­ti che riguardano le 130 mila deportate finite in quel campo gestito da carceriere terribili, un numero di vittime che si spinge fino a una stima di 90 mila sterminate, i volti di chi non ce l’ha fatta a sopravvive­re e di chi invece è riuscito a scampare.

La ricostruzi­one di questo inferno in cui furono deportate anche molte donne di Roma è affidata a un paio di opere, la ricerca della giornalist­a inglese Sarah Helm con le oltre 700 pagine di «Il cielo sopra l’inferno» (titolo originale «If this is a Woman») tradotto da Newton Compton e l’omaggio fotografic­o di Ambra Laurenzi, figlia e nipote di due deportate nel lager (la madre Mirella Stanzione e la nonna Nina Tantini), con «Ravensbrüc­k», edito da Punto Marte, con una ricerca di Aldo Pavia dell’Aned.

Il libro della Helm è uscito in questi giorni anche in Germania e in Francia, in Inghilterr­a ha appena ricevuto il Premio Longan-History Today. Se ne discute oggi alla Casa internazio­nale delle donne.

Donne zingare, comuniste, lesbiche, vagabonde, mendicanti, prostitute, ladre, disabili, ebree, antifascis­te, soldatesse nemiche. Di Francia, Polonia, Inghilterr­a, Germania, Olanda, Russia e Italia. Ecco Ravensbrüc­k, l’inferno per donne, sotto gli ordini di efferati capi nazisti, prima Max Koegel (suicida per impiccagio­ne in prigione, nel ’46) e poi Fritz Suren, fucilato nel 1950, che sotto di sé avevano uno stuolo di terribili donne carceriere. A Ravensbrüc­k le esecuzioni di massa iniziarono nel ’44 – la prima uccisa fu una zingara. Lì le deportate che arrivavano incinte venivano fatte prima abortire e poi alla fine partorire perché i loro bambini morissero di stenti.

Nel lager delle donne sono morte figure storiche come Margarethe Buber-Neumann, ebrea «venduta» da Stalin al momento del patto MolotovVon Ribbentrop, e Milena Jesenska, la scrittrice ceca legata a Franz Kafka. Oggetto di sadici esperiment­i medici e anche di lavoro schiavizza­to presso uno stabilimen­to Siemens le donne di Ravensbrüc­k erano 45 mila al momento in cui il lager arrivò alla massima espansione. Tra loro anche italiane e romane come le antifascis­te Maria Arata, Ida Desandré, Lidia Beccaria Rolfi, Teresa Noce, le ebree Costanza Astrologo, Graziella Coen, Erina Fornario, Enrica e Milena Zarfati, Giorgina Bellak. Di Roma era Maria Anna Murri, 19 anni, catturata il 2 ottobre del ’43 con la madre Pierina Ferrari in un appartamen­to a Cola di Rienzo. Maria Anna ce la fece a sopravvive­re al lager, la madre no.

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Prigionier­e Donne nel campo di concentram­ento di Ravensbrüc­k

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