Centro Astalli, accolti oltre 20 mila rifugiati
Bilancio di un anno. Padre Camillo Ripamonti: «Hanno diritto a essere integrati»
Mentre nel Mediterraneo si susseguono tragedie e soccorsi, il Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i rifugiati, ha ieri presentato il suo Rapporto Annuale 2016 al teatro Argentina. Quest’anno con le parole del Papa di ritorno dall’Isola di Lesbo: «La nostra esperienza di dolore e di speranza ci ricorda che siamo tutti pellegrini», ha detto Francesco. Ma anche questa volta i primi a parlare sono i numeri, che raccontano il lavoro di un anno e provano a leggere cosa è accaduto nel mondo dei «migrantes»: dal Centro Astalli sono state accolte 36 mila persone, 21 mila solo nella sede di Roma; 550 i volontari che vi lavorano più 49 operatori professionali; oltre 2 milioni e 800 mila euro i costi sostenuti, e un quarto dei finanziamenti arrivano da privati. Se nel 2015 sono diminuiti gli sbarchi, perché si è intensificato l’utilizzo della rotta orientale, il numero di rifugiati approdati è pur sempre consistente, (153.842 al 31 dicembre 2015) e le domande di asilo presentate in Italia sono state 83.245, più del 30 per cento rispetto l’anno precedente. «Celebriamo i 35 anni di attività del Centro Astalli - detto padre Camillo Ripamonti -. Un anniversario importante che purtroppo coincide con l’ennesima tragedia del mare: l’Unione Europea, completamente allo sbando, è in ostaggio dei trafficanti. Si continuano a mettere in atto misure inadeguate, deleterie e per di più dispendioLa se. Solo in un anno abbiamo accompagnato più di 35.000 rifugiati, uomini e donne, spesso vittime di torture. Sono vittime innocenti di guerre e persecuzioni. Hanno diritto ad essere accolti e integrati». Ed ecco allora le richieste di padre Camillo Ripamonti e del Centro: canali umanitari per attivare un’alternativa legale al traffico di esseri umani, ovvero « basta chiusure, respingimenti, accordi di rimpatrio»; operazioni di soccorso in mare che evitino altre tragedie e «creare percorsi di integrazione possibili, garantire un’accoglienza diffusa in città, evitando la logica dei grandi centri periferici - ha aggiunto-. Roma sia laboratorio di integrazione, se accoglie con intelligenza e creatività può diventare modello per le altre capitali europee e mostrare finalmente il volto di una città che sa essere solidale con chi ha più bisogno».
Ieri con le parole di Marino Sinibaldi, il presidente del teatro Argentina e con quelle di Celine, una rifugiata che si definisce «fortunata» perché incinta è riuscita a fuggire e ad arrivare qui dal Congo 15 anni fa si è aperta la presentazione del Rapporto alla presenza del presidente del Senato Pietro Grasso, che ha ricordato come «l’accoglienza per l’Italia non deve sempre essere un’emergenza», e di Romano Prodi, che ha incentrato il suo intervento sulla Libia.